Piancavallo salva la stagione invernale con la neve artificiale, ma i costi salgono

Il grande assente quest’anno è il freddo così diventa economicamente più oneroso garantire l’apertura di tutte le piste 

TURISMO

ENRI LISETTO

«Più che la neve ci manca il freddo». Ma, nonostante un “inverno primaverile”, è confermato: la stagione turistica di Piancavallo chiuderà, come da programma, domenica 29 marzo. Tirare avanti sino a Pasqua, il 12 aprile, sarebbe davvero troppo. Per quella volta, infatti, se la situazione meteo dovesse rimanere questa, saremo probabilmente in maniche corte o addirittura al mare in costume.

«Indubbiamente è in atto un’evoluzione climatica che comporta modifiche radicali al sistema turistico invernale: le temperature, infatti, sono più elevate, ma la situazione potrebbe essere più preoccupante da qui a quindici anni», ipotizza Enzo Sima, direttore operativo di Promoturismo Fvg Piancavallo. Giusto per essere concreti, «le nuove piste andranno realizzate in una posizione meno esposta e soleggiata, ad altitudini più elevate». Così come delineato nel nuovo piano del turismo invernale.

Enzo Sima non è ottimista, è realista. E, contrariamente al comune pensare (mancanza di neve fresca = stagione turistica compromessa), tira le prime somme: «La situazione a Piancavallo è molto buona, le piste sono tutte aperte. Nelle ultime due notte, grazie alle temperature favorevoli, è stata prodotta molta neve». Se è vero che l’ultima nevicata significativa risale ai primi giorni di dicembre, è altrettanto vero che sulle piste ci sono 60-80 centimetri di neve.

«A eccezione della Coppa Europa di sci nordico che è stata spostata a Tarvisio, tutte le altre gare sono state confermate». Solo il fondo si può praticare in un circuito limitato.

Gli operatori Promotur lavorano «normalmente», le presenze sostanzialmente sono agli stessi livelli dell’anno scorso. Le uniche mancanze sono state nelle giornate a ridosso di Natale (che non è poco, ma non è tutta la stagione).

«La difficoltà principale – prosegue Enzo Sima – non sta nella mancanza di neve naturale bensì nel lungo caldo che comporta una manutenzione delle piste più onerosa. Se c’è molto freddo puoi produrre molta neve. Se le temperature sono più elevate ci vuole più tempo per la produzione e quindi aumentano i costi».

Un esempio concreto. L’anno scorso per produrre 300 mila metri cubi di neve sono servite 300 ore; quest’anno, per poco meno della stessa quantità, si sono già impiegate 700 ore, ovvero più del doppio.

«Insomma, più che la neve manca il freddo». E la produzione ottimale avviene grazie a una combinazione tra temperatura ottimale (-2, -4 gradi) e un basso tasso di umidità, 10-20 per cento.

I prossimi giorni non promettono neve (almeno in quantità importanti). Secondo le previsioni Osmer-Arpa cielo nuvoloso o soleggiato in quota con probabilità di «deboli precipitazioni nevose» sopra gli 800 metri lunedì. Ma niente temperature “polari”.

L’inverno, insomma, ancora non si intravvede. —



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