Pd, il fronte udinese vuole scalare il vertice

Dopo le comunali 2016. Triestini e pordenonesi in disgrazia dopo il flop elettorale. In ascesa Shaurli e Martines. Pedrotti scende in campo
La protesta dei manifestanti pro-Marino davanti alla sede nazionale del Pd, Roma, 12 ottobre 2015. ANSA/ FABIO CAMPANA
La protesta dei manifestanti pro-Marino davanti alla sede nazionale del Pd, Roma, 12 ottobre 2015. ANSA/ FABIO CAMPANA

UDINE. Il vero faccia a faccia interno al Pd del Fvg, dopo la scoppola rimediata alle Comunali, avverrà ufficialmente lunedì 4 luglio quando è in programma quella direzione di partito che Debora Serracchiani pretende per «analizzare i motivi della sconfitta», anche se un anticipo probabilmente si avrà già domani nella riunione della segreteria regionale convocata prima del vertice nazionale al Nazareno in programma venerdì.

Ma i rapporti di potere interni si sono già modificati dopo l’esito dei ballottaggi e, da domenica sera, hanno riportato l’asse del Pd decisamente verso il Friuli, unica area della Regione in cui i dem non sono stati travolti dallo tsunami del centrodestra.

Prevedere gli esiti della direzione del 4 luglio, a quasi due settimane di distanza, è un’impresa ardua, così come capire se e quali teste rotoleranno sul tappeto, ma qualcosa comincia comunque a filtrare dai corridoi democratici.

Perché dalla convinzione della bontà del lavoro svolto in tre anni di legislatura – ribadita a più riprese – deriva la necessità di fare digerire e capire ai cittadini le riforme messe in cantiere dal 2013 in poi, sanità ed enti locali su tutte, e che hanno pesato, pur non esclusivamente, sulla tornata elettorale appena andata in archivio.

Per farlo, però, c’è la necessità di cambiare marcia sui territori scegliendo persone che siano in grado di rappresentare qualcosa di più di una semplice estensione tout court dei pensieri della giunta.

Elementi, in altre parole, più “aggressivi”, oltre che convincenti politicamente, e in questo caso potrebbe essere messa in discussione sia la segreteria regionale – attualmente nelle mani di Antonella Grim, destinata a sedersi tra i banchi dell’opposizione a Trieste – che quella giuliana controllata da Nerio Nesladek.

Il trionfo di Roberto Dipiazza è un duro colpo da digerire per loro, ma anche per Ettore Rosato, fino a domenica scorsa l’uomo forte del partito in città e a cui il ruolo di capogruppo alla Camera ha regalato in questi anni ampi spazi di manovra e una notevole visibilità mediatica, ma che adesso deve fare i conti con la seconda sconfitta in casa della sua carriera considerato come 10 anni fa venne superato alle Comunali per una manciata di voti proprio dall’attuale sindaco.

Trieste infelice, dunque, per il Pd, anche se a Pordenone il tonfo è stato ancora più pesante. A uscire indebolito dalle urne è stato, come noto, il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello, in una città in cui potrebbe tornare in corsa l’ex sindaco Claudio Pedrotti che ieri a colpi di tweet ha attaccato Gianni Zanolin e Bruno Malattia, oltre ad offrire la propria disponibilità a Serracchiani avvisandola di essere «una persona leale, non fedele».

Ma in riva al Noncello sul banco degli imputati rischia di salire anche l’onorevole Giorgio Zanin, cioè colui che ha spinto con maggiore insistenza per la candidatura di Daniela Giust e a cui dopo la debacle elettorale della sua “pupilla” potrebbe essere presentato il conto.

Attenzione, infine, a piazza Oberdan al nome di Diego Moretti al quale potrebbe essere imputata non tanto la responsabilità sulle amministrative, quanto la poca incisività manifestata fino a questo momento in Consiglio regionale.

Dove c’è qualcuno che scende, inoltre, ci sono sempre altri che salgono e nel borsino del Pd il primo nome è quello di Francesco Russo. Lui che aveva “annusato” prima di altri la debolezza di Roberto Cosolini tanto da chiedere e ottenere le primarie – attirandosi gli strali di tutto il Pd – potrebbe scalare le gerarchie del partito, almeno a Trieste nel caso in cui i dem puntassero davvero sul concetto di nouvelle vague.

Attenzione, poi, al blocco friulano l’unico, come accennato, pressoché rimasto “vergine” dalle sconfitte. Parliamo in primis del senatore Carlo Pegorer.

Uno che da tempo sottolineava il rischio di scollamento tra partito e cittadini e che, in campagna elettorale, ha puntato quasi esclusivamente su Antonio Di Bisceglie, il riconfermato sindaco di San Vito al Tagliamento – una delle poche note liete per il Pd – al cui fianco si è presentato assieme al leader della minoranza Roberto Speranza.

In ottica regionali 2018, quindi, non va dimenticato Cristiano Shaurli che da assessore alle Risorse Agricole e Forestali non avrà la stessa visibilità di altri big, ma è in grado di arrivare a strati determinanti dell’elettorato.

Pollice alto, inoltre, per il segretario provinciale di Udine Massimiliano Pozzo e per i consiglieri regionali Vincenzo Martines e Vittorino Boem: il primo per aver comunque gestito bene una partita delicata come quella di Latisana, il secondo per aver spesso suonato il campanello d’allarme nel partito e per essere in grado di intercettare anche alcuni settori di voto autonomista e il terzo per aver vinto il referendum Codroipo-Camino.

E nel capoluogo friulano, infine, va seguita con cura la possibile ascesa di alcuni giovani dem in giunta, primo fra tutto l’assessore al Turismo e al Commercio Alessandro Venanzi.

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