«Parto, errata manovra»: chiede un maxi-risarcimento

Secondo lei la ventosa ostetrica utilizzata per far nascere suo figlio le avrebbe causato una serie di danni fisici, psicologici e di relazione: per questo motivo ha chiamato in causa la Aas5 chiedendo un risarcimento di oltre 800 mila euro. L’azienda, perizie e verifiche alla mano, respinge ogni addebito e a decidere sarà il tribunale.
Fatti del maggio 2009 quando la donna, che non è residente in provincia di Pordenone, aveva partorito all’ospedale cittadino. Il personale sanitario aveva fatto ricorso ad una ventosa ostetrica, una sorta di “coppetta” che viene applicata sulla testa del bambino per aiutarlo a nascere, aggiungendo alla forza delle contrazioni e delle spinte materne quella della trazione del medico.
La donna sostiene di avere subito dei danni dall’utilizzo della ventosa, ritenendola una scelta errata e lamenta incongrue manovre in una fase successiva. Da evidenziare che non c’è stato alcun tipo di danno al bambino. Secondo l’accusa della donna in quella circostanza i medici avrebbero dovuto procedere con un parto cesareo. Chiede, per tutte le conseguenze fisiche e non subite, un risarcimento di 885 mila euro.
La causa è stata affidata al legale dell’assicurazione del sistema sanitario regionale, l’avvocato Diego Modesti di Cervignano. L’azienda aveva avviato una procedura interna, con perizie e audit, per valutare la situazione. E sulla base di questo lavoro respinge ogni addebito. Diverse perizie affermano che nel caso bisognava assolutamente effettuare la manovra con la ventosa ostetrica per consentire la rapida estrazione del bambino. La manovra è stata effettuata a regola d’arte e non c’erano indicazioni per poter eseguire il taglio cesareo. (d.s.)
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