Operaio cadde dal ponteggio condannati datori e preposti
La sera prima aveva cominciato a smontare il ponteggio e la mattina successiva ci era tornato sopra per le ultime rifiniture. Operaio esperto con attestati di formazione per l’allestimento di cantieri, aveva sottovalutato i rischi di quell’imprudenza. Che aveva finito per costargli una brutta caduta e una prognosi di oltre quaranta giorni. Era accaduto il 7 settembre 2017, all’educandato “Uccellis”, nel corso di un intervento di ristrutturazione e adeguamento strutturale e, più in particolare, della sostituzione delle travi del solaio del portico.
Di quell’infortunio, e delle lesioni personali provocate al lavoratore, la Procura di Udine aveva chiamato a rispondere cinque persone. Un anno fa, per l’unico di loro che aveva optato per il rito abbreviato, il 72enne Enzo Fuccaro, all’epoca coordinatore della sicurezza e difeso dall’avvocato Michele Coceani, il giudice del dibattimento, Rossella Miele, aveva emesso sentenza di assoluzione. Ieri, lo stesso tribunale, ritenendo gli altri quattro imputati responsabili del reato loro ascritto, così come formulato dal pm Claudia Finocchiaro anche a conclusione dell’istruttoria dibattimentale, li ha condannati. La pena più alta, pari a 5 mesi di reclusione, è quella inflitta a Nicola Sabinot, 42 anni, di Basiliano, datore di lavoro della “Valerio Sabinot srl”, l’impresa affidataria in quanto capogruppo mandataria dell’Ati. A seguire, i 3 mesi decisi per Lino Mattarollo, 70, di Udine, datore di lavoro della “Itec srl”, l’impresa esecutrice, e i 2 mesi per Fatmir Luzi, 47, albanese residente a Udine, e Antonio Manzi, 62, di Udine, entrambi dipendenti della Itec e coinvolti rispettivamente quale preposto e capo cantiere dell’Ati e quale suo vice e sostituto nel giorno dell’infortunio. La sentenza è stata emessa dal giudice Nicolò Gianesini, che ha concesso a tutti la sospensione condizionale della pena.
Scontato, da parte di tutti i difensori, l’appello. Nel ricordare come «tutte le maestranze fossero abilitate al montaggio e smontaggio di un cantiere», l’avvocato Paola Baldini, che assisteva Sabinot, ha precisato anche come «il datore di lavoro abbia una posizione di garanzia nei confronti del dipendente, purché operi nell’ambito della mansione che gli è stata assegnata. In questo caso, l’operaio aveva usato un mezzo non idoneo, perché di sua iniziativa la mattina era salito sul ponteggio che aveva in parte smontato la sera prima. Circostanza che il datore non poteva prevedere». Sull’«assenza del nesso di causalità tra la condotta degli imputati e l’infortunio» ha insistito anche l’avvocato Lorenzo Colautti, difensore di Mattarollo, evidenziando come «il sinistro fosse stato una conseguenza della modifica della struttura del ponteggio da parte del lavoratore, realizzata con tempi e modalità tali, da non poter essere né prevedibile, né rilevabile attraverso il corretto esercizio delle funzioni di alta vigilanza». Dello stesso tenore la difesa sostenuta dall’avvocato Luca Zanfagnini, che assisteva entrambi i dipendenti e che, di fronte all’accusa di avere omesso di segnalare tempestivamente ai datori di lavoro dell’Ati l’inidoneità del ponteggio, ha evidenziato come la struttura fosse stata allestita già alcuni mesi prima e allora ritenuta idonea. Per non dire del fatto che Manzi, quel 7 settembre, fosse ancora in ferie. L’operaio, che nella caduta da quasi 4 metri di altezza si procurò la frattura della colonna vertebrale, non si è costituito parte civile. —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto