Nuova vita per il palazzo del potere di Udine: da inizio inizio 2026 sarà la sede di Insiel
Nell’ex palazzo della Regione di via San Francesco arriveranno i dipendenti dell’azienda tecnologica, con qualche mese di ritardo rispetto ai programmi. Fino al 2008 fu il cuore della politica della Prima Repubblica

Servirà qualche mese in più del previsto «perché sono state riscontrate alcune difformità rispetto alla documentazione del progetto degli anni ’50», come spiegato dall’assessore al Demanio Sebastiano Callari, ma i lavori di ristrutturazione dell’ex sede di rappresentanza udinese della Regione in via San Francesco proseguono.
Entro la prima metà del prossimo anno, dunque, lo storico immobile in pieno centro cittadino sarà pronto a ospitare i dipendenti di Insiel che, attualmente, risultano in carico alla sede di via del Cotonificio della società informatica in house.
Progetto e cantiere
Il sopralluogo effettuato mercoledì 6 febbraio dai vertici dell’assessorato guidato da Callari e da quelli di Insiel, a partire dall’amministratore unico Diego Antonini, ha permesso di tracciare una sorta di sintesi dello stato dell’arte dei lavori di ristrutturazione.
Finanziato con uno stanziamento regionale da 4 milioni 100 mila euro, il cantiere ha aperto ad aprile e, secondo il cronoprogramma iniziale, avrebbe dovuto concludersi alla fine dell’anno.
Come accennato, però, a causa di alcuni problemi riscontrati in corso d’opera, bisognerà attendere almeno l’inizio del 2026. Completate le demolizioni interne di una struttura inutilizzata ormai dal 2008, al momento sono anche state bonificate le fibre artificiali in vetro, eliminato l’amianto e rimossi tutti gli impianti. Attualmente, quindi, è in corso la realizzazione delle pareti interne nonchè il rivestimento di strutture e muri.
Sono poi iniziate le opere strutturali e i lavori sull’impianto idrico ed elettrico. Allo stesso tempo, è cominciata la posa della copertura di impermeabilizzazione e isolamento e sulle facciate posteriori, così come la rimozione e il ripristino degli intonaci ormai non più recuperabili. Una volta terminata l’opera, ci sarà spazio per un centinaio di operatori informatici e la struttura sarà pure indipendente da un punto di vista della produzione di energia elettrica (ma non di riscaldamento) grazie ai pannelli fotovoltaici installati sul tetto.
Prospettive future
La Regione, ravvisata l’impossibilità di vendere l’immobile, lo scorso anno ha deciso di destinare a Insiel i 1.300 metri quadrati della sua ex sede di via San Francesco. La società informatica, lo ricordiamo, oggi opera in due sedi friulane: quella di via del Cotonificio e quella di Feletto Umberto.
La prima è in affitto a un costo diminuito dopo l’accordo sullo smart working aziendale che ha portato all’abbandono del piano terra, ma comunque ancora superiore ai 100 mila euro annui. Se la sede di Feletto Umberto resterà operativa, i dipendenti di via del Cotonificio dovranno invece spostarsi in via San Francesco. Parliamo di circa 150 persone a fronte di un centinaio di future postazioni di lavoro, ma è altrettanto vero che la modalità di smart working applicata da Insiel – con soli cinque giorni al mese di presenza obbligatoria in ufficio – consente una grande flessibilità di utilizzo degli spazi a disposizione.
«I lavori di riqualificazione dell’immobile – ha detto Callari – permetteranno di restituire alla città un edificio dalla storia importante, che in passato ospitava gli uffici udinesi di giunta e Consiglio. Una volta chiuso il cantiere, potremo collocare al centro del capoluogo un’azienda innovativa che potrà agevolare la transizione digitale del Friuli Venezia Giulia. L’ubicazione centrale, tra l’altro, costituirà certamente un valore aggiunto». Da parte sua, Antonini ha poi voluto sottolineare come «l’intervento potrà garantire ambienti di lavoro moderni e funzionali per i professionisti che operano all’interno di Insiel».
Il palazzo del Potere
Legge Finanziaria regionale del 2007 – all’epoca si chiamava così –, a Trieste siede Riccardo Illy, potentissimo governatore del Friuli Venezia Giulia, nonchè primo a poter sfoderare lo spauracchio del simul stabunt simul cadent. Con i voti dell’allora maggioranza di centrosinistra, decide che la sede di rappresentanza della Regione di via San Francesco a Udine va venduta. Logico, si dirà, perchè a dicembre sarebbe stata inaugurata la nuova maxi-struttura di via Sabbadini, immaginata e finanziata dal suo predecessore (e successore) Renzo Tondo.
In realtà, però, c’è pure dell’altro. Perchè di fronte all’alzata di scudi della politica udinese, con pure un duro intervento di Sergio Cecotti – e non sarà né il primo né l’ultimo contro le politiche del “re del caffè” –, Illy risponde in maniera altrettanto muscolare. «È stato l’immobile, nel periodo più buio della Prima Repubblica, in cui le categorie economiche portavano i loro disegni di legge e i loro emendamenti – sostiene –. Un immobile che simboleggia una mescolanza di poteri, ma anche di intrighi e di intrecci, che non credo rappresentino una simbologia positiva. Senza contare che non ha alcun valore storico-architettonico».
Ora, lette con gli occhi del presente, le frasi dell’ex governatore sono senza dubbio pesanti, e anche ingiuste nel loro complesso, ma con onestà intellettuale bisogna ammettere non del tutto sballate.
Basta interpellare un protagonista qualsiasi di quegli anni, infatti, per capire come via San Francesco fosse il centro della politica regionale, specialmente il lunedì e il venerdì quando consiglieri, tecnici e quelli che poi verranno chiamati portaborse non erano impegnati nei lavori in piazza Oberdan.
Normale, d’altronde, perchè il Friuli Venezia Giulia, proprio fino ai tempi di Illy, ha sempre veleggiato sull’accordo non scritto che prevedeva il capoluogo a Trieste e il presidente di Udine. Per la verità, in precedenza ci fu anche il triennio di Roberto Antonione (giuliano d’adozione) a interrompere questa sacralità laica, ma quella era un’elezione di secondo livello, in cui erano i partiti a scegliere, in seno al Consiglio, il presidente. Illy fu il primo che sfruttò l’elezione diretta e, appunto, la possibilità di utilizzare l’arma politica della minaccia delle sue dimissioni che avrebbero portato automaticamente alle urne.
Fino a quel momento le giunte si creavano e si distruggevano nelle segreterie dei partiti e, molto spesso, tra la sede ufficiale della Regione di via San Francesco e quella ufficiosa, quando il giorno lasciava spazio alla notte, della Cjacarade.
Poi è senza dubbio vero che da quelle parti sbucavano un po’ tutti – dagli imprenditori ai semplici questuanti di incarichi –, ma semplicemente perchè era “la” stanza dei bottoni. Non che oggi sia cambiato molto, siamo chiari, se non i luoghi dove i mondi più disparati si incontrano nonchè, probabilmente, l’aver detto addio a quel pizzico di rispetto per le istituzioni che una volta esisteva e che adesso è andato perso. Altri tempi, altra gente, altri simboli.
La sede di via San Francesco ha chiuso i battenti nel 2008 e li riaprirà a distanza di quasi 20 anni, anche se al posto della politica si appresta a ospitare un nuovo potere, forse il più forte del XXI secolo: la tecnologia. Ma almeno resterà pubblica e, romanticamente, non è proprio banale. In fondo così potremo ancora passarci accanto, alzare la testa e ricordarci, con un pizzico di malinconia, quello che è stato e che, giocoforza, non potrà essere mai più.
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