Nuova sentenza per l'imprenditore Bidoli: condannato a tre anni per bancarotta

Gli erano state contestate decine di incassi in nero, spese non giustificate nell’arco degli ultimi sei mesi di attività e la vendita a prezzo stracciato di alcuni terreni a una società riconducibile alla nuora e al figlio. Per una distrazione complessiva dalla contabilità della ditta individuale di cui era il legale rappresentante e che, nel 2008, finì per fallire insieme al piccolo impero che era riuscito a costruire in Friuli, calcolata in diverse decine di migliaia di euro.
Per Diego Bidoli, impresario originario di Suzzara e residente a Udine a processo per bancarotta fraudolenta all’età di 83 anni, è arrivata una nuova condanna: ritenendolo responsabile di due dei tre capi d’imputazione di cui era chiamato a rispondere, il tribunale collegiale di Udine gli ha inflitto tre anni di reclusione. Assolto con la formula «perché il fatto non sussiste», invece, dall’ipotesi relativa alla vendita dei terreni, che si trovano a Tarcento e a Udine e che in, secondo gli inquirenti, erano stati ceduti a un costo di molto inferiore rispetto alle stime dei periti.
La sentenza è stata emessa dal collegio presieduto dal giudice Paolo Alessio Vernì (a latere, le colleghe Carlotta Silva e Giulia Pussini). Il pm Giorgio Milillo aveva chiesto la condanna dell’imputato a quattro anni di reclusione. Soddisfatto per l’assoluzione «dalla contestazione più delicata», il difensore, avvocato Gabriele Cianci, ha annunciato appello. «Impugneremo la sentenza nella parte in cui asseconda la tesi accusatoria – ha detto il legale –. Qui si discute di somme entrate nella società, anche se non fiscalmente dichiarate: formulare un’ipotesi di bancarotta, quindi, è di per sé contraddittorio. Al più, semmai, ci saremmo aspettati contestazioni di natura tributaria». Quanto ai complessivi 32 mila euro spariti dal conto della ditta tra il gennaio e il maggio 2008, il difensore ha ricordato trattarsi di un’impresa edile individuale che aveva già presentato domanda di concordato e che si arrabattava tra spese di ogni tipo, dagli artigiani, al carburante dei mezzi. Una vittima della crisi economica, insomma, e non un bancarottiere che, prima di fallire, svuota l’azienda senza lasciare nulla.
Diverso lo scenario prospettato dalla pubblica accusa, che nel ricostruire le operazioni sospette di Bidoli era partita dagli anticipi in nero che aveva convinto alcuni promissari acquirenti a versargli per gli appartamenti di edilizia convenzionata nel complesso residenziale “Le Magnolie” di via Pallanza. La compravendita, poi, non si era perfezionata perché molti di quegli immobili erano oggetto di pignoramento da parte delle banche. Gli acquirenti, va da sè, erano stati così costretti a “ripagare” gli appartamenti e questo aveva dato la stura a due distinte indagini a carico di Bidoli per truffa aggravata. Accuse che, tra il 2012 e il 2013, gli erano costate una prima condanna a complessivi due anni di reclusione. —
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