Non regge l’anestesia e lo operano da sveglio: a Latisana riuscito un delicato intervento
Una sfida vinta per l’équipe chirurgica e quella anestesiologica. Tecnica raramente praticata nelle operazioni addominali e oncologiche

Messi davanti a un’unica strada da percorrere: sconfiggere con un intervento chirurgico quel tumore all’intestino, nonostante il quadro clinico generale del paziente, legato ad alcune patologie e anche all’età (90 anni da compiere tra poco più di due mesi), fosse tale da non permettere un’anestesia generale.
Una sfida vinta, all’ospedale di Latisana, dove l’équipe chirurgica guidata da Mario Sorrentino e quella anestesiologica diretta da Rino Colussi hanno eseguito un intervento “a paziente sveglio”, utilizzando una tecnica raramente praticata negli interventi di chirurgia addominale maggiore e oncologica in particolare.

Nello specifico di un intervento di asportazione di un tumore all’intestino retto, prima di Latisana, come riportato dalla stampa nazionale, la procedura è stata attuata solo all’ospedale Santo Spirito di Roma.
I medici dell’ospedale di Latisana hanno proceduto con un’anestesia sub-aracnoidea, passando quindi attraverso una delle meningi, «una tecnica – ci ha spiegato lo stesso Colussi – non recentissima, ma scarsamente diffusa per la sua complessità.
L’unica adottabile – precisa – perché le condizioni cardiocircolatorie del paziente erano tali da comportare, in caso di anestesia generale, un’altissima probabilità di infarto cardiaco peri-operatorio».
Generale d’artiglieria in pensione, residente a Palmanova, dove vive con la moglie e guida ancora la macchina, Andrea Momigliano, l’uomo operato all’ospedale di Latisana, e sua figlia Ada raccontano questo percorso con una grande carica emotiva.
«Mi sento un uomo fortunato – dice – ero consapevole che la mia situazione richiedeva grandi capacità e ho incontrato due persone, due professionisti, che non mi avevano mai visto prima, eppure mi sono sentito abbracciato, trattato come un familiare e accompagnato in questo percorso. Proprio il rapporto umano e poi professionale mi ha profondamente colpito.
Nei giorni successivi all’intervento entrambi i primari passavano in stanza, non per il controllo medico, ma per un semplice saluto e per chiedermi come stavo».
La figlia Ada ricorda ancora la sensazione provata quando le hanno passato al telefono il papà, «erano ancora in sala operatoria – racconta – hanno composto il mio numero e me lo hanno passato per un saluto. È stata una grande emozione».
«Tutto questo – aggiunge – è successo, non in un grande centro, ma in una piccola realtà che va premiata, dando risalto a questa eccellenza. Hanno superato, quasi con semplicità, un intervento che ci ha restituito papà».
Una sensazione di semplicità sicuramente trasmessa dalla profonda intesa esistente tra l’équipe anestesiologica e quella chirurgica, «che – spiega lo stesso primario Mario Sorrentino – grazie all’esperienza maturata nel trattamento di ampi volumi per la patologia neoplastica del grosso intestino, è riuscita a condurre l’intervento con tempi operatori molto ridotti».
«Il decorso post-operatorio è stato regolare – ci riferisce ancora – e a distanza di un mese dall’intervento il paziente è in buone condizioni di salute ed è molto soddisfatto di poter continuare a svolgere la vita di sempre».
È lo stesso generale Momigliano a confermare di sentirsi bene e a raccontare l’iter di controlli che lo ha portato a incontrare i due medici dell’ospedale di Latisana, operativi anche nella struttura ospedaliera di Palmanova, dal momento che il presidio della Bassa è unico: «tutti i controlli e gli esami, anche i colloqui con i due medici li ho svolti a Palmanova, dove abito – racconta – e mi sono spostato solo per l’intervento e la successiva degenza di una decina di giorni, durante la quale devo dire ho ricevuto un trattamento di prima classe, seguito da del personale evidentemente sotto stress e in difficoltà, perché in pochi, ma sempre paziente e sempre sorridente».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto