«Noi, da 2 anni senza Trifone e Teresa»

Il 17 marzo 2015 l’agguato mortale. In attesa della sentenza su Giosuè, parlano le famiglie. I Costanza: vicenda diabolica
Di Ilaria Purassanta
MESSAE FIACCOLATA PER RAGONE E COSTANZA
MESSAE FIACCOLATA PER RAGONE E COSTANZA

Il 17 marzo del 2015 i fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone furono assassinati all’uscita della palestra, al palasport di via Interna a Pordenone.

Cinque colpi di pistola spezzarono le loro vite. E, con loro, quella delle loro famiglie. Due anni dopo, quel dolore è ancora vivo.

«Più il tempo passa – racconta papà Francesco Ragone – e più sale la rabbia. Un sentimento che ti logora, ti distrugge lentamente. Se Trifone fosse morto in un incidente stradale o di una malattia, avremmo anche potuto farcene una ragione. Una morte così tragica, invece, motivata dall’invidia e dalla gelosia, come è emerso al processo, ci lascia senza parole».

Oggi da Adelfia a Zelo di Buon Persico, in provincia di Lodi, dove vivono i genitori di Teresa, Carmelina Parrello e Rosario Costanza, e i fratelli Sergio e Calogero, due messe di suffragio celebreranno la memoria dei due fidanzati uccisi.

«Noi ricordiamo Trifone in ogni momento della giornata – sospira Francesco Ragone –. Non solo il 17 marzo. Ci è venuto a mancare il pilastro della famiglia. Aiutava tutti noi, moralmente, economicamente. Siamo praticamente cresciuti insieme: quando è nato avevo vent’anni». Quell’equilibrio familiare «non c’è più. Ora si vive alla giornata».

Alla vigilia del triste anniversario, lo strazio colma il cuore di papà Rosario Costanza. «Noi però cerchiamo di ricordare solo le cose belle, del resto non sarebbe possibile altrimenti, vista la solarità di Teresa. Le cattiverie non le appartenevano».

Il processo in Corte d’assise a Udine, che vede come unico imputato Giosuè Ruotolo sta mettendo a dura prova, dal punto di vista emotivo, i familiari delle vittime. I troppi silenzi, le verità taciute, gli intrecci psicologici malsani in cui è germogliato il delitto.

«A noi è capitata questa disgrazia – osserva Rosario Costanza – eppure quando ascolto le dichiarazioni in aula di queste persone, tante volte devo uscire perché non riesco a digerire quello che dicono. È come trovarsi al di fuori dalla realtà. Mia figlia non c’entrava nulla in questa vicenda diabolica, maturata in un clima di odio. Io non posso pensare che per un diverbio, per pochi spiccioli, siano stati ammazzati due ragazzi. Invece questa gente esiste. E allora bisogna buttare le chiavi della cella, per il bene dei nostri figli, di chi è sopravvissuto, questa gente non deve rimanere in giro. Trifone e Teresa non ritorneranno mai più, ma confido che ci siano sanzioni esemplari».

Sergio e Calogero Costanza parleranno lunedì in Corte d’assise. I fratelli di Teresa sono stati chiamati a testimoniare.

Sarà l’ultima udienza dedicata ai testi delle parti civili, prima dell’esame dell’imputato, fissato per il 31 marzo.

Quel giorno Francesco Ragone non ci sarà: «Non vogliamo fargli l’onore di ascoltare le nuove menzogne». La famiglia Costanza, invece, ha scelto di essere presente.

«Noi ci saremo – sottolinea Rosario – perché qualcuno deve difendere la dignità di mia figlia e di Trifone. Non ci dobbiamo lasciar infastidire, lottiamo in tribunale perché la verità emerga. E dopo l’ottimo lavoro degli inquirenti confidiamo nella giustizia».

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