Nessuna evasione fiscale al Ceghedaccio

Renato Pontoni è stato assolto dall’accusa di avere occultato gli scontrini. Vinta anche la battaglia sui contributi all’Inps

UDINE. Al “Ceghedacio” non c’è stata alcuna evasione fiscale. A mettere la parola fine al calvario giudiziario del noto dj-imprenditore Renato Pontoni, 53 anni, di Buttrio, è stata la sentenza con cui il giudice monocratico di Udine, Angelica Di Silvestre, lo ha assolto dall’ipotesi di avere occultato o, comunque, distrutto documenti fiscali per un ammontare di 7 mila 500 euro, con la formula «perchè il fatto non sussiste».

La vicenda, di cui era stato chiamato a rispondere in qualità di legale rappresentante della “Pregi srl”, si riferiva alla manifestazione del 19 ottobre 2012.

Nel ribadire la propria ricostruzione accusatoria, la Procura - rappresentata ieri in aula dal pm Elisa Calligaris - aveva chiesto la condanna dell’imputato a 1 anno e 6 mesi di reclusione. Il difensore, avvocato Vincenzo Cinque, si era invece battuto per l’assoluzione, facendo leva in particolare sull’esito delle operazioni peritali disposte dallo stesso pm Marco Panzeri, titolare del fascicolo, e che avevano escluso la sussistenza di qualsivoglia manomissione del registratore fiscale.

La contestazione traeva origine proprio dall’ipotesi che, per quella serata danzante in Fiera, Pontoni avesse installato un misuratore fiscale a noleggio che, seppure costantemente utilizzato dal personale addetto alle casse, «non memorizzava sul giornale di fondo gli scontrini emessi».

Questo meccanismo gli avrebbe permesso di «occultare o distruggere lo scontrino di chiusura giornaliera del misuratore», ostacolando l’esatta ricostruzione delle somme incassate.

Dimostrata la mancata alterazione del registratore e in assenza dei documenti fiscali per i quali era stato ipotizzato l’annientamento, secondo la difesa a venir meno è stato il presupposto stesso del reato.

«Se nulla è stato o poteva essere stampato da quel generatore – ha osservato l’avvocato Cinque –, evidentemente nulla poteva essere distrutto o alterato». Nelle sue argomentazioni, il legale aveva inoltre sottolineato come anche qualora il fatto fosse stato riqualificato in omessa contabilizzazione di corrispettivi, l’ammontare, pure in termini di imposte evase, non avrebbe superato le soglie di punibilità.

Alcuni mesi fa, Pontoni si era affrancato già da una questione di natura lavoristica. A sollevarla era stato l’Inps, a seguito di un blitz che gli ispettori della Direzione territoriale del lavoro avevano condotto al Ceghedaccio nell’aprile del 2012.

Le verifiche avevano riguardato la posizione del personale impiegato: oltre 40 posizioni, tutte ritenute irregolari, in quanto trattate alla stregua di collaborazioni e non, invece, di lavoro di natura subordinata.

Da qui, l’accusa del mancato versamento di contributi previdenziali per un ammontare di circa 19 mila euro. Il procedimento civile che ne è seguito, e in cui era assistito anche dall’avvocato Assunta Nappi, gli ha dato ragione: il giudice del lavoro, Fabio Luongo, ha annullare la pretesa dell’Inps, condannandola al pagamento delle spese legali.

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