Nel duello fra criminologhe alla fine multata Sabrina Magris

PORDENONE. Venti giorni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, convertiti in 5 mila euro di multa. Si è chiuso così il processo che vedeva imputata la psicologa investigativa e studiosa di antiterrorismo pordenonese Sabrina Magris, 31 anni, per un post su Facebook.
A sporgere querela per diffamazione il 19 gennaio 2017 Monica Capizzano, 37 anni, cosentina, docente di criminologia applicata, esperta in criminal profiling e in repertamento e sopralluoghi sulla scena del crimine: non si è costituita però parte civile.
«Proporremo appello immediato – ha annunciato l’avvocato Giuseppe Muzzupappa –. Per noi è un’ingiustizia viste le persecuzioni che ha subito la dottoressa Magris dalla persona offesa. Aspettiamo le motivazioni».
Che cosa diceva il post? Sul profilo Facebook dell’École universitaire international, di cui la Magris è presidente, si riferiva di una presunta «condanna definitiva» della Capizzano per i reati di «calunnia, falso, usurpazione di titoli nei confronti di Sabrina Magris e dell’École» e dell’inibizione ricevuta dal giudice civile.
Fra l’altro a Magris era appena saltata una conferenza a Cosenza dopo una segnalazione in Prefettura. In realtà non è intervenuta alcuna condanna penale a carico di Capizzano. Magris aveva sporto a sua volta querela nei confronti della collega.
Nel 2014 il giudice civile Lucia Dall’Armellina aveva effettivamente inibito a Capizzano l’uso del nome e delle qualifiche di docente, rappresentante e referente dell’École, nonché «l’invio a soggetti terzi di comunicazioni, tramite qualsiasi mezzo, dal contenuto calunnioso e diffamatorio dell’onore e dell’immagine della dottoressa Magris e dell’Ecole».
Il legale dell’imputata aveva osservato come con il post su Facebook Magris volesse invitare la collega a rispettare tale inibizione civile.
Il giudice monocratico Iuri De Biasi, dinanzi al quale Magris ha ricostruito la vicenda nel suo esame, si è preso 45 giorni di tempo per motivare la sentenza. Il viceprocuratore onorario Beatrice Toffolon aveva chiesto la non punibilità dell’imputata con la causa giustificativa dello stato d’ira conseguente al fatto ingiusto altrui e in subordine il non luogo a procedere per la tardività della querela.
L’accusa aveva infatti ritenuto che Magris avesse scritto il post a caldo, sentendosi screditata dalla collega. La difesa, invece, aveva insistito per l’assoluzione. —
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