Nel ’45 a Lignano cadde un aereo Usa: l’omaggio in fondo al mare ai militari caduti 73 anni fa

LIGNANO. Giace là, a 6 miglia al largo di Lignano, da 73 anni. Nei fondali esplorati da sub, tra cicale di mare, astici e - di frequente - anche delfini. È un pezzo di storia inabissato. Un relitto che racconta di una guerra mondiale, la Seconda, di una contraerea tedesca di terra che fa fuoco, e della morte di un equipaggio. L’areo americano B24J Liberator è laggiù, a 16 metri di profondità.
E per la prima volta da quel 28 febbraio 1945 in cui fu colpito e precipitò, c’è chi ha voluto omaggiare la memoria dei caduti, con la deposizione di una corona d’alloro, riunendo l’Aeronautica militare italiana e statunitense. Allora su due fronti opposti, oggi unite per ridare valore a un relitto conosciuto di più all’Estero che in Italia.
Ci hanno pensato - e l’hanno organizzato - Riccardo Carulli, istruttore di sub lignanese, titolare del Diving centere Mister Blu e il giornalista e fotografo (nonché collaboratore della Cressi Club) Massimo Baldassini.

Da un elicottero militare italiano - un HH-139A del 15° Stormo di Cervia - è stata calata la corona poi raccolta dalla squadra composta da Aerosoccorritori sempre del 15esimo Stormo di Cervia e dai colleghi dell’Usaf della base aerea di Aviano assieme ad alcuni civili - con telecamere e macchine fotografiche - e con il supporto della Guardia Costiera di Caorle.
Poi è iniziata la discesa. Tutti insieme, verso il relitto. I nemici di allora, oggi insieme per ricordare i piloti precipitati della Seconda guerra mondiale. Una stretta di mano in fondo al mare per suggellare questo omaggio ai caduti, per tenere viva la memoria, per non dimenticare il passato.
«Si è avverato un evento che sembrava impossibile – racconta Carulli –. È stato emozionante ogni singolo momento della giornata. Per la prima volta è stato omaggiato l’equipaggio del velivolo. Ed emozionante è stato anche l’intervento dell’elicottero dell’Aeronautica italiana da cui è stata calata la corona d’alloro. Per tutti coloro che hanno preso parte a questa impresa è stato un giorno speciale».

Del grande bombardiere americano restano le grandi ali con i quattro motori e i sedili dei piloti e sotto l’ala sinistra dell’aereo c’è ancora il carrello. Quei piloti che, con i motori in avaria, avevano cercato di effettuare un ammaraggio, ma senza riuscirci trovarono la morte.
L’aereo nei cieli dell’Alto Adige era stato colpito dalla Flak, la contraerea tedesca a difesa nei pressi di Albes, del ponte sull’Isarco sul quale correva una linea ferroviaria nevralgica per i rifornimenti che, dalla Germania, giungevano alle truppe tedesche in Italia. II comandante del Liberator sapeva che il suo bombardiere non avrebbe potuto fare ritorno alla base pugliese di Grottagli, dov’era di stanza, e così decise di scendere verso Sud, direzione Adriatico. La speranza di raggiungere l’aeroporto di Pola e finire nelle mani amiche dei titini, restò tale.
Un relitto, come conferma Carulli, «che suscita ancora molto interesse soprattutto all’Estero. Riceviamo tante richieste di turisti, soprattutto stranieri, che vogliono immergersi per poterlo ammirare. Noi abbiamo voluto, con questo omaggio alla memoria, ridare valore e giusta importanza al B24J». Il relitto continua a giacere là, in fondo al mare. Ora, però sopra, c’è una corona d’alloro. Per non dimenticare più.
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