«Mungari è un benefattore dello Stato»

«Pasquale Mungari è un benefattore dello Stato italiano». Ad affermarlo, ieri mattina, il suo legale di fiducia Maurizio Mazzarella, che ha chiuso ieri mattina le arringhe del collegio difensivo. Dodici gli imputati – ma per sei il pm Maria Grazia Zaina ha chiesto l’assoluzione, all’esito dell’istruttoria – per associazione delinquere, truffa aggravata, falso ideologico continuato.
La Procura ritiene che Mungari sia stato il dirigente occulto dei due istituti paritari Parini e Alfieri in cui, secondo la tesi accusatoria, si ottenevano diplomi “facili”. Tesi respinta con fermezza dalle difese che ieri hanno sottolineato come nei due istituti, invece, si bocciassero gli studenti impreparati. Lo hanno ribadito gli avvocati Deidda e Sansonetti per il rappresentante legale dell’Ansi Daniela Zani, l’avvocato Rovere per il coordinatore didattico Giuseppe Sirianni, l’avvocato Magaraci (codifensore di Pasquale Mungari) per l’insegnante Nevila Velaj e per la moglie di Pasquale Mungari Teresa Carocuore, l’avvocato Arcidiacono per l’addetta alla segreteria Federica Barbieri, l’avvocato Tomè per l’insegnante Gianluca Stoico.
Perché Pasquale Mungari, secondo la difesa, sarebbe stato un benefattore? Per tutti i soldi risparmiati dallo Stato per l’istruzione scolastica degli studenti che hanno frequentato gli istituti paritari Parini e Alfieri nell’arco di 28 anni. Mazzarella (che ha chiesto l’assoluzione anche per i due figli di Mungari Danilo e Michele) ha quantificato il risparmio in 21 milioni di euro. Il legale ha osservato come non possa reggere l’accusa di truffa ai danni della Regione: erano i genitori dei ragazzi i destinatari del contributo erogato, che soltanto per comodità chiedevano all’istituto paritario di avviare la pratica.
L’avvocato ha lanciato l’affondo sull’accusa di associazione per delinquere: per poterla sostenere, la Procura avrebbe dovuto indagare pure i commissari esterni per l’esame di maturità, ma così non è stato. Nessuna prova di pressioni sui professori per indurli a fare favoritismi. Lo dimostrano, secondo Mazzarella, alcune deposizioni rese proprio dai docenti in aula: «Chi doveva essere bocciato veniva bocciato, chi meritava di essere promosso, era promosso». Quanto alla presunta prova regina dell’accusa, la telefonata intercettata dagli inquirenti fra un genitore e un professore, per Mazzarella è invece la miglior prova a discarico della difesa: il professore risponde che il ragazzo deve studiare se vuole essere promosso.
L’avvocato ha ricordato che l’indagine è partita dieci mesi dopo la presentazione di due querele: «I due querelanti hanno pagato i bollettini per l’iscrizione e poi sono venuti a dire che volevano soltanto ricevere informazioni». La sentenza del tribunale collegiale, presieduto da Eugenio Pergola (a latere Rodolfo Piccin e Giorgio Scorsolini), è attesa all’udienza del 28 giugno, quando sono state fissate le repliche.
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