È morto Mario Candotto, l’ultimo partigiano di Ronchi deportato a Dachau

Originario di Porpetto, aveva 99 anni e per lunghi anni ha portato la sua testimonianza nelle scuole e tra la gente. Nel campo perse il padre, mentre due sorelle e la madre furono deportate ad Auschwitz

 

Luca Perrino
Mario Candotto
Mario Candotto

Si è spento, dopo un breve periodo di degenza all’ospedale dove è stato ricoverato per una caduta, Mario Candotto, l’ultimo sopravvissuto, a Ronchi dei Legionari, del dramma della deportazione nei campi di sterminio nazisti. Candotto aveva 99 anni ed è stato un simbolo di quella pagina buia della storia italiana.

Un uomo dal carattere profondo, protagonista di numerose testimonianze davanti ai giovani di tutta Italia.

Nel maggio scorso, per l’ennesima volta, era stato nel luogo della sua detenzione, il campo di concentramento di Dachau, in Germania, mentre ad aprile, a Genova, il suo ultimo abbraccio fraterno al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Mario Candotto era nato a Porpetto il 2 giugno del 1926. Staffetta informativa al movimento partigiano della brigata Bruno Montina (GAP), fu arrestato a casa con tutta la famiglia il 24 maggio 1944, successivamente internato nel campo di Dachau ed impiegato anche come tornitore alla fabbrica Bmw. Nel 2022 aveva perso l’adorata moglie, Anna Maria Zotti, sposata nel 1958, solida unione dalla quale erano nate due figlie, Tamara e Monica.

Al ritorno a casa, Candotto, come tutti gli altri, ha dovuto reinventarsi la vita, tornare al lavoro, senza dimenticare. Ed è stato proprio il ricordo ad averlo spinto ad essere testimone di quell'orrore, tra la gente e, soprattutto, nelle scuole. È stato proprio lui uno dei protagonisti, nel corso degli anni, dei tanti viaggi che hanno accompagnato le scolaresche verso quei luoghi della sofferenza e della morte.

Un'iniziativa nella speranza, comune a tutti, che certi fatti non si potessero ripetere mai più.“ Quello della deportazione è un ricordo indelebile – aveva detto– una pagina di vita che mi ha accompagnato in tutti questi anni. Ma ho deciso di parlare, di essere testimone, proprio perché le giovani generazioni sapessero e perché fossero spinte a nuovi ed importanti ideali di pace e di fratellanza tra i popoli”.

A Dachau ha perso il padre Domenico, mentre due sorelle e la madre sono state deportate ad Auschwitz. Pochi mesi fa aveva preso parte anche alla cerimonia per il conferimento della cittadinanza onoraria alla staffetta partigiana Ondina Peteani. Per Candotto era stato ancora una volta un momento di grande emozione.

Nonostante, va detto, nella sua lunga vita egli abbia incontrato non poche personalità, da Mattarella, appunto, alla senatrice a vita, Liliana Segre sino a, qualche anno fa, l’allora cancelliera tedesca Angela Merkel, incontrata a Dachau dove Candotto era stato deportato.

Due vite che s’intrecciano, quelle di Candotto e di Peteani. Mario “viaggiò” per la Germania con lo stesso convoglio di Ondina, partito da Trieste il 31 maggio del 1944. Nel carro bestiame di Ondina, le due sorelle di Mario, con destinazione Auschwitz. Sulle loro braccia, tatuati numeri quasi consecutivi.

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