Morì colpito da un tronco: tutti assolti

Lusevera: a rispondere dell’accusa di omicidio colposo per la tragedia del bancario di 42 anni Carlo Pozzi erano due amici
ANTEPRIMA UDINE GENNAIO 2002 TRIBUNALE NUOVO TELEFOTO COPYRIGHT FOTO AGENCY ANTEPRIMA
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LUSEVERA. Nessun colpevole. La morte di Carlo Pozzi, il bancario cividalese colpito alla testa da un ceppo mentre tagliava la legna nella propria abitazione a Vedronza nel comune di Lusevera il 10 agosto 2013 è stata una tragica fatalità.

Si è concluso così, con una doppia assoluzione, il procedimento a carico di Massimo Dolso, 37 anni di Lusevera, e Renzo Modonutto, 76 anni di Cividale, entrambi chiamati a rispondere dell’accusa di omicidio colposo.

L’udienza si è celebrata ieri con il rito abbreviato dinanzi al giudice per l’udienza preliminare Daniele Barnaba Faleschini che ha assolto tutti e due gli imputati con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.

Il pubblico ministero Paola De Franceschi aveva ravvisato responsabilità in capo a Modonutto che, in qualità di amico di famiglia, quel giorno si era prestato ad aiutare Pozzi a tagliare la legna rimanendo egli stesso ferito dal tronco e aveva chiesto al giudice di condannare quest’ultimo, difeso dell’avvocato Guglielmo Pelizzo, a quattro mesi di reclusione.

Quanto alla posizione di Dolso, per l’accusa era responsabile di aver prestato a Pozzi il trattore e la trivella di sua proprietà, attrezzatura che, stando alla perizia dei consulenti del pubblico ministero, non sarebbe stata conforme alla normativa poichè sprovvista di sistema di bloccaggio rapido e di sistemi di protezione idonei ad impedire il contatto tra macchina e uomo e a prevenire la rotazione del tronco. Per Dolso la pubblica accusa aveva chiesto una condanna a sette mesi di reclusione.

Istanze cui si era associato l’avvocato di parte civile Gianfranco Comelli che aveva avanzato una richiesta di risarcimento di 200 mila euro per la moglie di Pozzi, 150 mila euro per il figlio e 100 mila euro per il padre. Comelli ha più volte rimarcato come le perizie abbiano dimostrato l’assoluta pericolosità dell’attrezzatura che Pozzi stava utilizzando, e ciò indipendentemente dal tipo di manovra messa in atto da Pozzi.

Poi è toccato agli avvocati difensori, a partire da Stellato, chiarire le posizioni dei propri assistiti. «Dolso – ha esordito Stellato – per anni ha utilizzato la macchina secondo le indicazioni fornitegli dal venditore, la riteneva sicura per se stesso, come del resto per l’amico».

Esprimendo cordoglio per la vittima nel contesto di profondo rispetto per un fatto tragico, Stellato ha a lungo dibattuto sull’impossibilità di attribuire all’imputato una condotta rilevante sotto il profilo colposo, richiedendo al giudice una valutazione complessiva che tenesse conto delle concrete modalità di utilizzo da parte di Dolso della macchina spaccalegna che causò il decesso

. Ha evidenziato nel contempo l’insussistenza di una posizione di garanzia volta a scongiurare il tragico evento. Quindi è stato l’avvocato Pelizzo per la difesa Modonutto a documentare come non vi fossero nel comportamento del suo assistito «profili di colpevolezza» e come «non ci sia stata imperizia e imprudenza».

Ribadendo la tesi della non prevedibilità dell’evento e del caso fortuito, Pelizzo ha concluso sostenendo che: «All’origine di questa tragedia che ha colpito più famiglie legate da un vincolo di amicizia c’è stata una tragica fatalità».

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