Residenze fittizie in Friuli per ottenere la cittadinanza italiana: sei persone denunciate

Un’indagine dei Carabinieri durata quasi un anno coinvolge ex amministratori e dipendenti comunali. Al centro 84 pratiche sospette di cittadini brasiliani

È durata quasi un anno la mirata e complessa attività investigativa condotta dai Carabinieri della Stazione di Moggio Udinese, coordinati dal Sostituto Procuratore Giorgio Milillo, che ha portato alla denuncia in stato di libertà di sei persone, tra le quali figurano amministratori e dipendenti della precedente amministrazione comunale. L’ipotesi di reato contestata è quella di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

L’indagine è nata dopo la constatazione di un flusso anomalo di cittadini brasiliani che richiedevano la residenza sempre presso le medesime due abitazioni nel centro del paese. Tra il 2018 e il 2024, ben ottantaquattro persone con presunte discendenze italiane avevano ottenuto dall’allora amministrazione comunale la residenza anagrafica pur non vivendo mai realmente a Moggio Udinese. La concessione della residenza costituiva infatti il presupposto essenziale per ottenere rapidamente la cittadinanza italiana secondo il principio dello “ius sanguinis”, evitando i lunghissimi tempi delle procedure consolari in Brasile.

Residenze fittizie per ottenere il passaporto italiano: sei indagati a Moggio Udinese

Secondo quanto emerso, i richiedenti riuscivano così a completare l’intero iter nel giro di pochi mesi, quando attraverso i canali ordinari sarebbero stati necessari molti anni. Una volta ottenuta la cittadinanza, quasi tutti trasferivano nuovamente la residenza all’estero, rientrando in Brasile oppure spostandosi negli Stati Uniti, in Irlanda, nel Regno Unito, in Spagna, Portogallo o Israele, cioè nei Paesi nei quali avevano i loro reali interessi personali o lavorativi. L’obiettivo non era quello di stabilirsi in Italia, ma esclusivamente di entrare in possesso del passaporto italiano, uno dei più vantaggiosi al mondo per viaggiare e trasferirsi senza particolari restrizioni.

Il lavoro degli investigatori ha permesso di individuare quelli che vengono ritenuti i promotori del meccanismo: una donna di 61 anni di origine albanese residente a Cassola, in provincia di Vicenza, e un uomo di 54 anni di origine brasiliana residente a Valbrenta, anch’esso vicentino. I due, entrambi incensurati, avrebbero dato vita a una sorta di agenzia che pubblicizzava i propri servizi online, operando come intermediari tra l’Ufficio anagrafe del Comune di Moggio Udinese e i cittadini brasiliani interessati al riconoscimento della cittadinanza.

Secondo l’ipotesi accusatoria, procuravano falsi contratti d’affitto di durata trimestrale nelle due abitazioni utilizzate come residenza fittizia, consegnavano per conto dei clienti documentazione non veritiera e organizzavano brevi viaggi in Italia della durata di pochi giorni, necessari a certificare la presenza sul territorio nazionale. In alcuni casi, sempre secondo gli investigatori, offrivano persino la possibilità di portare a termine la pratica senza che l’interessato mettesse piede in Italia, contando sulla presunta complicità di dipendenti comunali che avrebbero omesso di verificare le incongruenze presenti nella documentazione.

I guadagni sarebbero stati significativi: ogni pratica avrebbe fruttato circa seimila euro, per un giro d’affari che supererebbe il mezzo milione di euro. I pagamenti, secondo quanto ricostruito, sarebbero stati trasferiti su conti correnti esteri, soprattutto in Irlanda, nel Regno Unito e in Brasile.

L’inchiesta è ancora in corso e ora mira a verificare una per una le 84 posizioni sospette. 

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