"Mio papà era tenace, perseverante e coraggioso": addio ad Andrea Ghin, morto a 56 anni

Andrea lascia la moglie Lina, le figlie Giulia e Rebecca, la mamma Italia e la sorella Ombretta
Andrea Ghin e la sua famiglia
Andrea Ghin e la sua famiglia

MARANO. Amava il mare e voleva essere un pescatore come da generazioni nella sua famiglia, ma la malattia glielo ha impedito e lui ha fatto della famiglia il suo porto sicuro. Andrea Ghin, il 56enne di Marano, è morto mercoledì all’ospedale di Udine per l’aggravarsi della patologia di cui soffriva fin da bambino: una disfunzione cardiaca. Lascia la moglie Lina, le figlie Giulia e Rebecca, la mamma Italia e la sorella Ombretta. I funerali saranno celebrati lunedì nella chiesa parrocchiale di Marano alle 11, officiati da don Nicola e don Samuele Zentilin suo amico d’infanzia e coetaneo.

Era stata la malattia che lo aveva fatto conoscere dalle cronache nazionali, quando a cinque anni (era il 1969) era stato operato due volte dal cardiologo Gaetano Azzolina a Bergamo. Due interventi che non erano stati sufficienti per risolvere la disfunzione e a 11 anni (era il 1975), mamma Italia e papà Erminio lo portarono a Città del Capo in Sudafrica dall’uomo che aveva eseguito nel 1967 il primo trapianto di cuore: Christiaan Barnard.

Il professore, impossibilitato a operare a causa di un’artrite deformante che gli aveva paralizzato le mani, fece intervenire la sua équipe guidata dal fratello Marius e Christiaan era presente in sala operatoria. Doloroso il responso dell’intervento a cuore aperto: non avrebbe superato l’adolescenza. La determinazione, la voglia di vivere, ma anche il coraggio, sono stati i punti di forza di Ghin, tanto da permettergli una vita normale. Dopo le scuole dell’obbligo era andato a fare il pescatore con il padre, ma il lavoro era troppo duro e allora trovò lavoro nella fabbrica della Maruzzella, dove rimase per 15 anni.

Con la chiusura della fabbrica, dopo un tentativo di portare avanti l’attività del padre, Ghin nel 2000 va a lavorare per una ditta esterna in un’azienda nella zona industriale di San Giorgio, dove resta fino al riacutizzarsi della malattia. Gli ultimi due anni il 56enne li ha vissuti dentro e fuori dall’ospedale, ma, come racconta la famiglia, non voleva essere considerato malato e, pur non praticando sport, è stato a lungo nel direttivo della Maranese calcio. Con gli amatori era presente alle iniziative paesane e sosteneva la moglie nella fioreria: era anche un appassionato pescatore amatoriale. Così la figlia Giulia: «Umorismo, simpatia, perseveranza, papà era tenace e coraggioso, nonostante la vita non sia stata clemente con lui e gliene abbia fatte passare di tutti i colori. Ma era sempre presente e pronto a sacrificarsi per la famiglia. Sono orgogliosa del mio papà» .

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