«Mia sorella era serena sapeva farsi valere»

Giancarlo Briosi, il fratello di Donatella, non trova una spiegazione

Si erano conosciuti a Cortina durante una festa organizzata dalla regina dei salotti, Marta Marzotto. A portare Donatella Briosi nella perla della Dolomiti era stata la sua più cara amica, una discendente della famiglia Carapelli che ha dato il suo nome all’olio d’oliva. In quell’occasione lo sguardo di Donatella incrociò quello dell’architetto Giuliano Cattaruzzi, e fu amore a prima vista. L’altro giorno il tragico epilogo nello studio dei notai Amodio-Andrioli dove Cattaruzzi ha sparato tre colpi d’arma da fuoco: due contro l’ex moglie che non le hanno lascito scampo, uno per suicidarsi. Nell’ufficio di via Rialto la coppia avrebbe dovuto sottoscrivere l’atto di vendita della villa di Tarcento davanti al notaio e agli avvocati.

«Mi sto ancora chiedendo “perché?», ripete Giancarlo Briosi, il fratello di Donatella, 63 anni, al telefono da Pescara. È incredulo, cerca una motivazione e non la trova: la sorella non le aveva mai manifestato eventuali preoccupazioni per la chiusura dell’accordo con l’ex marito e, da parte sua, l’ex cognato, oltre a un aspetto caratteriale che lo portava a dire sempre l’ultima parola, non gli aveva dato modo di preoccuparsi.

«Ho parlato con l’avvocato di mia sorella – spiega – e la questura mi avvertirà quando sarà il caso di raggiungere il Friuli». È scosso Briosi, preferisce rimanere solo con il suo dolore. Ma il telefono continua a squillare, le Donne del vino sono state le prime a contattarlo per esprimergli il loro cordoglio. Dal Friuli, Giancarlo Briosi sta ricevendo molte manifestazioni di affetto da parte di chi conosceva la sorella e ha avuto modo di apprezzare le sue doti umane. «Il signor Cattaruzzi non lo vedevo da una quindicina d’anni, era una persona caratterialmente prevaricante, voleva sempre aver ragione anche quando era nel torto. Che cosa sia scatenato nella sua mente non lo so proprio». Con la stessa attenzione, Briosi descrive la sorella come una donna decisa, amante della bella vita, che sapeva farsi valere.

«Chissà se Donatella era davvero preoccupata?». Se lo domanda pure il fratello: «Lei e Cattaruzzi stavano dal notaio a fare un rogito che per una parte andava a mia sorella, per l’altra andava ad arricchire lui. Da razionale quale sono non riesco davvero a capire perché è successo tutto questo».

Donatella era figlia di «un miliardario», così definisce il padre Giancarlo, e da ragazza, dopo aver frequentato la scuola per interpreti al collegio delle Orsoline di Milano (parlava quattro lingue), faceva parte del jet set romano. Prima di Cattaruzzi, Donatella era stata sposata con un commercialista romano e frequentava le famiglie altolocate della capitale. Quel matrimonio finì, Donatella fece tappa a Cortina e qui incrociò Cattaruzzi, l’uomo che da li a poco sarebbe diventato suo marito. La donna si trasferì a Tarcento negli anni Novanta e con il Friuli e i friulani seppe tessere buone relazioni che oggi portano tutti a piangere la signora affabile che una decina di anni fa, dopo la separazione, si reinventò la vita frequentando i corsi per sommelier. Donatella trasformò quel sapere in una professione: «Era una sommelier free-lance, partecipava alle fiere in Italia e in Austria, al Vinitaly e a Parigi». Si era fatta amare anche nel mondo del vino: «Il tuo sorriso e la tua fermezza sono e saranno simbolo per tutte le Donne del vino», scrivono su Facebook affidando ai post tutto il loro dolore. Dopo la separazione, Donatella si era trasferita in città, nell’appartamento di via Ermes da Colloredo, ed è proprio qui che sono rimasti i suoi ricordi più cari e forse anche i suoi segreti.

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