Mario, lo chef friulano che piaceva a Bartali e che inventò il Tiramisù

Il Boschetti a Tricesimo, il Roma a Tolmezzo e il Vetturino a Pieris... Anche il locale isontino merita un posto di primissimo piano in una ipotetica scala di valori gastronomici regionali. Gestito negli anni d’oro dallo chef Mario Cosolo (1913-1986) e prima da suo padre Antonio, il ristorante Al Vetturino è stato per decenni un punto di riferimento per Pieris d’Isonzo e per l’area del Goriziano detta Bisiacaria. Dagli anni ’90 non esiste più (al suo posto c’è una casa per anziani), ma ha lasciato una golosa eredità: il Tiramisù, creato negli anni ’30 da Mario Cosolo, lo chef definito dallo scrittore-umorista Roberto Gervaso «il Raffaello della griglia, il Caravaggio dei contorni, il Michelangelo dei dessert...». Un dolce in questi ultimi decenni diffuso in ogni parte del mondo (fatto ora col mascarpone, ma agli inizi senza), ma che ha mantenuto – e la difende, tramite gli eredi Cosolo – la primogenitura del nome nato a Pieris.
Tutto questo si accinge a scriverlo, in una nuova pubblicazione, Cesare Zorzin, cultore di storia locale e già autore di saggi sull’argomento. La storia del Tiramisù (o Tiremesu nel dialetto locale) è presto detta. Nei primi anni ’30, Mario Cosolo (aveva 19 anni), ha fatto il servizio militare, come vicecapo cuoco, sul panfilo reale Savoia, servendo manicaretti a Vittorio Emanuele III e alla sua famiglia. Durante una gara tra cuochi, inventò un semifreddo “da re”, che usò nel ristorante di famiglia “Al Vetturino” e che chiamò, a proposito, Coppa Vetturino. Dopo le vicissitudini della guerra (Mario aiutò la Resistenza e finì anche in carcere), la Coppa ebbe un grosso rilancio: riavviato il locale, infatti, nel ’47 il titolare fece confezionare un manifesto artigianale in cui si riproduce il nome Tiremesù.
È l’”atto di nascita” di questo dessert nel Friuli Venezia Giulia, che i Cosolo hanno esposto finché avevano il locale e poi hanno conservato gelosamente. E lo riesibiscono, quel manifesto, ogni volta che rispunta qualche rivendicazione (dalla Carnia, dal Veneto...). In seguito, infatti, altri ristoratori o pasticcieri hanno usato questa denominazione dandola ad altre ricette, ad altri Tiramisù che usano ingredienti diversi come il mascarpone, che allora all’origine a Pieris non esisteva ancora. Sui giornali, nelle segnalazioni dei lettori, non sono mancate conferme e testimonianze a favore del Vetturino e della sua Coppa: persino dall’estero (una simpatica lettera apparsa sul quotidiano triestino, porta la firma di un corregionale che ora abita negli Usa, in Florida). Ricorda di aver gustato, alla fine degli anni ’40 Al Vetturino, un dolce in coppa. Era assieme a uno zio che si espresse in maniera... osè, dando in tal modo a Mario Cosolo un imput per il futuro nome. Neppure in altri racconti sono mancate le interpretazioni un po’ particolari, come quelle di un dolce dalle proprietà... energetiche e non solo. Le qualità indirette del Tiramisù di Pieris erano oggetto anche di “battute, allusioni, strizzatine d’occhio e gomitate accompagnate da risatine...” come scrive un’anziana signora triestina riferendosi alla fine degli anni ’40.
«Mio padre era un uomo di spirito e sapeva stare allo scherzo», commenta oggi la figlia, Flavia Cosolo, che ha raccolto - e continua a raccogliere - assieme alla sorella Gianna, che risiede a Busto Arsizio - tutta la documentazione relativa alle querelles sul Tiramisù sorte negli ultimi tempi. Oltre a tutti gli articoli che tramandano le straordinarie benemerenze del Vetturino, definito “tempio dei buongustai” e del suo titolare. Come i successi ottenuti nei concorsi gastronomici Fogher d’oro e d’argento, in Veneto e Friuli, e nella rassegna dell’Ept isontino. Per non dimenticare gli illustri nomi di visitatori e clienti che infittiscono l’albo d’oro del locale. Vi sostarono nel 1950, durante il viaggio di nozze, il pugile triestino Tiberio Mitri e Miss Italia Fulvia Franco, la coppia del momento, “bella, giovane e famosa”; ci venne Pasolini con la Callas e il pittore Zigaina quando Pier Paolo girava il film Medea nella laguna di Grado. E ancora: il poeta Biagio Marin, Walter Chiari, Gino Bartali, Jonny Dorelli, Patty Pravo e Catherine Spaak. Mentre nel ristorante di Pieris è sempre stato di casa l’ex calciatore e ct delle Nazionali Fabio Capello, compaesano e amico di Mario Cosolo.
Il Vetturino è nato nel 1850 come un piccolo spaccio di vini. Il fondatore Antonio Cosolo (1824-1907) aveva l’appalto del trasporto della posta in una vasta zona (Trieste, Gorizia, Venezia, Udine). Antonio ha poi passato la licenza al fratello Giulio, che faceva cesti di vimini, ma anche servizio di piazza trasportando persone col calesse: il vetturino era lui. Nel 1878 il locale ha inalberato l’insegna Al Vetturino.
Giulio Cosolo Fusar ha lasciato l’eredità al figlio Antonio Cosolo, detto anche Toni de Giulio. Nel 1913 è nato il piccolo Mario, terza generazione dei Cosolo. Un anno dopo scoppia la guerra e Pieris si trova nell’occhio del ciclone. Antonio viene richiamato nella Krigsmarine e la moglie Anna e il figlioletto si trasferiscono da parenti a Cormons. Passata la Grande Guerra e le devastazioni, il Vetturino rinasce ben presto. E Mario cresce: scuola di pasticceria a Trieste, servizio militare sul panfilo del re e chef di bordo sulle navi del Lloyd. Sposato con Vanda Clemente di Turriaco, Mario Cosolo rimane vedovo con due bambini piccoli. La seconda guerra (sotto i bombardamenti che miravano ai ponti sull’Isonzo) rende impossibile l’attività del Vetturino e la famiglia Cosolo (Mario si è risposato con Carmen Menossi) va a Torviscosa a gestire la locanda Ristoro.
Dopo le traversie della Resistenza cui si è già accennato, finalmente la pace. Ritorno a Pieris con ripresa alla grande del Vetturino, dal 1958 con Mario titolare (che ha fatto anche scuola: tra i suoi migliori allievi c'è lo chef Ennio Furlan, diventato “il mago delle erbe”). Anni di grandi soddisfazioni per i concorsi, i famosi veglioni, le prime interviste in tv e... il dessert-rivelazione, che ha avuto - e continua ad avere ancora oggi - tanta eco nei media.
«A Pieris e nel territorio, e anche a Trieste – dice Flavia Cosolo – abbiamo raccolto firme e dichiarazioni firmate, ma non per rivendicare la ricetta originaria, ma solo la primogenitura del nome usato nella Bisiacaria e successivamente, in modo globale per altri dolci del genere in tutto il mondo».
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