Mariangela Melato: Pordenone onora l’artista, Aviano la donna coraggiosa

Memorabili le sue rappresentazioni al Verdi da Anna dei Miracoli a Sola me ne vo. Gianni Boz del Cro: aveva cultura, umanità e un’energia da autentica combattente

PORDENONE. I ricordi tristi si sovrappongono a quelli felici, a Pordenone, fondendosi nella commozione per la scomparsa di Mariangela Melato. Unanime è la sensazione che con lei se n’è andata un’altra delle grandi personalità artistiche del nostro tempo, in questi giorni cupi di gennaio che celebrano gli anniversari della morte di Giorgio Gaber e di Fabrizio De André.

I ricordi felici sono legati alle sue esibizioni sul palcoscenico del Teatro Verdi. L’ultima nel gennaio 2008, quando con Sola me ne vo, one woman show, riaprí la stagione dopo la pausa natalizia. E come si legge sulla pagina Facebook del Comunale «fu un’occasione per vedere Mariangela Melato quasi senza maschera o, meglio, con una maschera diversa, che però le assomigliava: lei stessa, la sua sensibilità, i suoi ricordi, la sua immaginazione, la sua ironia… Cosí la ricordiamo».

Molti, poi, hanno ancora negli occhi e sulla pelle l’emozione viva – era ancora gennaio, nel 1990 – che Mariangela seppe trasmettere al pubblico del vecchio Verdi, mortificata nel lungo vestito opaco a fiorellini indossato dall’istitutrice dei primi del secolo di Anna dei miracoli: una delle sue tante, immense interpretazioni. I meno giovani hanno anche avuto il privilegio di scoprirne il talento addirittura nel 1969, quando recitò in Canto e controcanto, spettacolo del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

E poi c’è un’altra storia. Quella dolorosa. Che da alcuni anni legava la Melato a Pordenone, suo malgrado. Perché Mariangela, da qualche anno, era in cura al Cro di Aviano, dopo che l’intervento chirurgico al quale si era sottoposta a Roma aveva rivelato tutta la gravità del male. Gianni Boz è l’oncologo radioterapista dell’istituto che l’ha seguita. E che di lei vuole ricordare soprattutto «la grande umanità, la cultura e l’energia da combattente».

Parlavano di cinema, spesso e nel faticoso tratto di strada percorso insieme c’è stato spazio anche per qualche passeggiata nella Pedemontana. «Come quando andammo al Gorgazzo e la invitai, come si fa a Roma, a Fontana di Trevi, a lanciare una moneta nell’acqua ed esprimere un desiderio. Mi rispose, sorridendo, che di monete avrebbe dovuto lanciarne una carriola». Non era raro vederla bere un caffè in centro, a Pordenone e per diversi mesi in tanti si sono accorti della sua presenza, avvistandola in qualche ristorante (soprattutto “La vecia osteria del Moro” ma anche a “Il burchiello”), in cioccolateria, fuori dall’hotel Moderno.

E per quelli che osavano di piú e l’avvicinavano, aveva sempre un sorriso. In un paio di occasioni con lei c’era anche Renzo Arbore, l’uomo della sua vita.

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