Malata oncologica non riesce a fare la risonanza magnetica perchè positiva al Covid

Il figlio infermiere della Centrale operativa del 118 scrive in ospedale: «Una struttura pubblica non dovrebbe respingere nessun paziente» 

Ha bisogno di esami per cominciare un nuovo percorso terapeutico oncologico, ma è positiva al Covid e le è impossibile accedere a una struttura sanitaria pubblica. Nonostante la positività abbia superato i 21 giorni e, quindi, non è più considerata infettiva. La lettera-denuncia del 23 dicembre ai reparti di Oncologia e di Neuro Radiologia è di Denis, un infermiere della centrale operativa del 118.

LA STORIA
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«Come forse saprete è stata richiesta già due volte una risonanza magnetica encefalo con mezzo di contrasto utile per una prognosi sulla malattia oncologica di mia madre. Utile dal punto di vista oncologico e utile dal punto di vista della terapia del dolore. Ad oggi l’esame è stato annullato già due volte a causa della positività di mia madre al Covid-19. La paziente è positiva dal 2 dicembre, quindi come da certificazione del dipartimento di Prevenzione di Gorizia, e come da indicazione del decreto ministeriale del 12 dicembre, anche se l’ultimo tampone eseguito il 21 dicembre risulta essere positivo non è infettiva è ha il benestare del dipartimento di prevenzione per uscire dalla quarantena. Ieri, lunedì 28, l’oncologia mi ha contattato per fissare la risonanza domani. Oggi mia madre rifà il tampone, ma l’ospedale non sa se potrò andare se risulta nuovamente positiva».

«Da sanitario non comprendo questa scelta. Esistono una moltitudine di modi in cui un qualsiasi reparto si può organizzare per gestire in sicurezza pazienti affetti da Covid, come io stesso faccio quotidianamente. Ciò detto, chiedo che l’esame sia riprogammato in modo da poter organizzare un nuovo trasporto con ambulanza da Ronchi dei Legionari a Udine e rientro».

«Ho molta stima delle vostre strutture ospedaliere e dei professionisti che vi lavorano e sono certo della vostra comprensione, ma come detto rimango basito dalla resistenza nel trattare pazienti positivi al Covid, che hanno comunque il medesimo diritto alle cure e alla diagnostica».

«A questa mail – racconta l’infermiere – hanno risposto primario e il vice del reparto di Oncologia, dicendosi “costernati per il disagio che abbiamo dovuto subire”. Dal reparto di Neuro Radiologia, invece, non abbiamo ricevuto nessuna risposta. Trovo inammissibile – continua – che una persona positiva, superato il ventunesimo giorno di contagio, libera da quarantena, non possa accedere ad una struttura pubblica. Ma è inaccettabile anche che una persona seppur positiva non possa accedere a una struttura sanitaria pubblica. Forse l’organizzazione sanitaria regionale non ha capito che dovremo convivere con questo virus ancora per molto tempo».

«Ho sempre sostenuto che fosse inverosimile l’informazione che il Covid causa ritardi diagnostici e conseguentemente terapeutici – conclude Denis –, invece ora mi trovo di fronte ad una realtà locale che, purtroppo, mi fa ricredere. I pazienti fragili sono lasciati molte volte a se stessi, il sistema sanitario è spesso assente o disorganizzato. Molti reparti, chi meglio chi peggio, trattano pazienti positivi, perché ovvio che anche i pazienti positivi continueranno ad avere le stesse patologie avuto fino ad oggi. Ed è quindi incredibile che a fine dicembre, la Neuro Radiologia non si sia organizzata per il trattamento di pazienti positivi facendo saltare addirittura due appuntamenti a mia madre».

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