L’ultimo tributo all’architetto Ferruccio Montanari

UDINE. «Una vita profumata di bontà e onestà». Queste le parole che don Claudio Como ha dedicato a Ferruccio Montanari a chiusura della cerimonia funebre che si è svolta ieri mattina nella chiesa di San Quirino in via Gemona, per l’ultimo saluto al geniale architetto friulano, morto martedì notte.
Parole intrise di stima e tenerezza, che hanno accompagnato l’intero rito condotto da don Como con una viva partecipazione per un lutto che ha colpito e commosso l’intera comunità udinese.
«Dopo aver salutato Darmo Brusini – ha commentato il curato udinese durante il funerale - ci ritroviamo in questa chiesa, che apre le sue navate come una mamma allarga le sue braccia per accogliere i propri figli, a dire addio a un altro grande artista che ha dato tanto alla sua città».
La chiesa, infatti, era gremita. La cultura e l’imprenditoria friulana hanno presenziato con una folta rappresentanza, dalla curatrice del Museo d’Arte moderna e contemporanea Casa Cavazzini Vania Gransinigh, agli amministratori della Moroso, azienda con la quale Montanari ha collaborato a lungo, passando per esponenti della musica e i tanti, giovani e meno giovani, estimatori del suo immenso lavoro di architetto e designer.
Una chiesa gremita ma che, grazie alla sua forma così accogliente e ampia e alle sue grandi vetrate colorate, ha regalato ai presenti un respiro leggero in contrasto con la fitta pioggia scesa ieri mattina e, soprattutto, con il grande senso di perdita per la morte di Montanari.
«Io non sono certo un critico d’arte – ha proseguito don Como - e qui ce ne sono parecchi che potrebbero meglio di me descrivere le opere e le collaborazioni di Ferruccio. Io vorrei quindi ricordare le sue straordinarie doti umane, ricordare cioè come sia stato una persona in grado di mettere l’essere e la sostanza prima dell’apparenza, scoprendo il segreto per rendere più bello il mondo».
Il senso del bello, dunque, come lotta alla pigrizia e alla massificazione delle passioni. Concetti forse poco teologici, ma densi di significato specialmente se espressi proprio dal pulpito di una chiesa.
«La gentilezza, la riservatezza, la modestia e la nobiltà d’animo. Sembrano “cose da museo”, invece sono le qualità che hanno accompagnato Ferruccio in tutto l’arco della sua vita personale e professionale».
Don Como si riferisce non soltanto alle testimonianze offerte dai familiari, prime tra tutti la compagna di una vita Patrizia Novajra e la figlia Antonia, strette in un abbraccio di fronte alla bara di legno chiaro adornata di rose rosse, ma anche a quelle dei tanti colleghi che hanno avuto la fortuna di percorrere parte del loro cammino lavorativo al fianco di un personaggio curioso, appassionato e fantasioso come Montanari.
Un cammino interrotto più di un anno fa, quando un ictus ha chiuso gli occhi del designer, lasciano ai familiari e amici solo la speranza – cessata martedì notte - che un giorno si potessero riaprire.
«Ferruccio ha provato anche il tunnel della malattia – ha concluso don Como - e chissà cosa avrà pensato, cosa avrà disegnato in questo lungo periodo nella sua mente. Io penso che avrà sicuramente trovato il bello anche in quei momenti e che ora, il Signore, gli farà fare un bel disegno di pubblicità al paradiso, chiedendogli di raffigurargli un mondo pieno di giustizia e amore».
Un pensiero forte, coccolato dalle parole dell’editore Luca Sossella, che ha voluto testimoniare la sua profonda amicizia con Montanari, con cui ha condiviso molti progetti lavorativi.
«Mi piace ricordare Ferruccio quando diceva che «si può fare tutto con il niente» – ha detto con voce rotta dalla commozione l’editore bolognese - perché lui era davvero in grado di dar vita ad ogni segno, era in grado di dare senso all’indefinito».
Un applauso spontaneo, scaturito per le parole commosse di chi ha voluto con amore ricordare Montanari, ha infine preceduto il silenzio pieno di emozione che ha accompagnato il feretro, accarezzato da innumerevoli mani amiche, fuori dalla chiesa, per il suo ultimo viaggio.
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