«Lui è caduto e ho pensato: non ce la farò»

«Mi aveva detto che saremmo partiti dopo il suo conto alla rovescia. Così è stato. Poi abbiamo preso la rincorsa sulla pedana. Tuttavia mi sono accorta subito che, al contrario di quello che mi aveva spiegato prima, il suo corpo non era orizzontale come il mio. Non capivo cosa stesse accadendo. Qualche istante e non l’ho più visto». Eva Del Mestre, 28 anni, medico specializzando a Trieste, dove risiede dai tempi dell’università, non sa spiegarsi cosa sia successo sabato, verso le 14.30, quando si è affidata per un volo in deltaplano a Federico Baratto, il pilota 51enne deceduto durante l’uscita sul Col del Puppolo, a Borso del Grappa, punto di decollo nel trevigiano per i tanti appassionati di volo libero.
La ragazza, che è nata a San Vito al Tagliamento e ha frequentato il liceo Copernico di Udine, zona dove risiede la famiglia, è rimasta illesa. Aveva ricevuto come regalo l’escursione da un’amica veneta, che poco prima aveva volato con lo stesso Baratto. Probabilmente, la seconda volta, il pilota si era dimenticato di agganciarsi al deltaplano. Sulla vicenda indagano i carabinieri di Castelfranco Veneto.
Eva, che cos’è successo negli attimi prima che Baratto cadesse in mezzo al bosco?
«Eravamo sulla pedana, pronti per partire. Federico mi ha chiesto: “Eva, sei pronta?”. Io gli ho risposto di sì, ma lui mi aveva detto che stava aspettando il vento buono. Avevo il cuore in gola, perché di natura sono un po’ ansiosa. Mi ero però affidata ciecamente a lui, perché avevo capito che era serio. Nelle ore prima aveva spiegato a me e alla mia amica cosa fare per filo e per segno. E l’avevamo anche provato. L’importante, ci aveva detto, è correre. Abbiamo atteso il vento giusto una decina di minuti. Dopo il suo “3, 2 e 1”, abbiamo preso la rincorsa».
E poi?
«Lui doveva rimanermi sempre a fianco, così avevo inteso, come era capitato alla mia amica prima di me. Dovevamo essere entrambi in orizzontale. Quando siamo partiti ho visto però che lui era in verticale. Ma non capivo cosa stesse succedendo: era il mio primo volo. Non mi ha detto nulla e nemmeno io sono riuscita a urlargli qualcosa. Questione di secondi. Si è appeso alla barra, l’ho visto staccarsi. Intanto il deltaplano aveva preso velocità. Ho pensato che, non sapendolo guidare, non ce l’avrei fatta. Non è stato così».
Lei è finita su un albero?
«Sì, ci sono rimasta fino all’arrivo dei soccorsi. Non potevo liberarmi, perché ero appesa su un ramo, a 7-8 metri da terra, e se avessi staccato l’imbragatura, sarei caduta».
Si è detto che prima di lasciarsi andare, Baratto ha cercato di metterla in salvo, spingendo il velivolo nella direzione più giusta. È vero?
«Non lo posso sapere, non sono un tecnico».
Qualcuno vi ha aiutato durante la partenza?
«Da quanto ho capito, ci si aiuta a vicenda. Però, quando sono partita io, non c’erano persone esperte, ma turisti cui Baratto si è affidato per sorreggere i lati del deltaplano. Lui ha controllato tre volte la struttura del deltaplano».
Come sta ora?
«Ho preso tanti colpi, ma non mi sono rotta nulla. Quando ero sull’albero, mi ha raggiunto per primo il proprietario del ristorante vicino alla pedana, che è un infermiere. In quel momento non sentivo la gamba, perché l’imbrago me la tirava. Una volta che gli operatori del Soccorso alpino mi hanno fatto scendere, ho camminato fino a dove c’era la rampa, da dove eravamo partiti, arrampicandomi con un cordino. Mi hanno controllato all’ospedale di Bassano del Grappa, dove mi ha portato la mia amica. Sono uscita verso le 20. Sentivo comunque che non era nulla di grave. È stato però un grande choc».
All’inizio non aveva realizzato che Baratto avesse perso la vita.
«No, infatti. Ho realizzato dopo che la persona, che non conoscevo ma con cui avevo passato mezza giornata, non ce l’aveva fatta. I miei lividi alla fine si risolveranno in due settimane. Oggi torno a lavorare. Sono miracolata, qualcuno lassù mi ha protetto».
Con lui vi eravate incontrati la mattina?
«Sì, alle 10, siamo saliti a Col del Puppolo con lui».
Vi aveva raccontato che aveva vissuto a Trieste?
«Sì. Era stato molto gentile e disponibile con noi, avevamo chiacchierato molto con lui, che aveva anche scherzato, dicendo che le donne sono più coraggiose in volo perché più paurose e quindi più inclini a seguire le indicazioni». —
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