L’omicidio di Nadia, parlano i genitori: "Con nostra figlia Mazzega ha ucciso anche noi"

VIDULIS. Nadia non c’è. Nadia non è qui, da due mesi esatti. «E non tornerà più», sussurra la mamma.
Eppure in questa villetta in aperta campagna c’è un mondo che parla per Nadia.
È domenica mattina e le campane suonano, richiamano i fedeli di Vidulis alla messa. Nadia ci andava tutte le feste, in bicicletta con la sua famiglia. Coltivava così quella fede genuina che ancora si respira in certe comunità. Una fede che adesso vacilla. Per i troppi perché, perché non c’è un vero perché.
Oggi si festeggiano i santi angeli in paese. L’anno scorso per questa ricorrenza ci fu una processione. E quando il corteo passò davanti alla casa della famiglia Orlando molti furono attratti dal profumo della torta che Nadia stava cuocendo tenendo le finestre spalancate.
I VIDEO
- Uccide la sua fidanzata poi girovaga tutta la notte con il cadavere nell'auto
- Omicidio di Nadia, la protesta in piazza per chiedere di revocare i domiciliari di Mazzega
- Delitto di Nadia Orlando, Mazzega esce dal carcere e viene trasferito a Pordenone
- Delitto di Vidulis, gli abitanti di Muzzana: "Conosciamo Mazzega, siamo tutti sconvolti"
In questa stessa sala da pranzo oggi ci sono le foto che ritraggono Nadia, lei sorride, in vacanza con la famiglia, nei villaggi turistici; all’ingresso dell’abitazione ancora foto, appesa al muro c’è la sua chitarra. Una candela al profumo di vaniglia addolcisce l’ambiente.
LE FOTO
Qui vivono i genitori di Nadia, anzi «sopravvivono», come ripetono. Perché se fosse stata una malattia o un incidente «ce ne saremmo fatti una ragione, così no». «Lui ha ammazzato tutti noi. L’avevamo accolto come un figlio, gli davamo i frutti del nostro orto... ed ecco».
Gli occhi azzurri di Antonella, la mamma di Nadia, sono coperti dalle lacrime e da un dolore che solo una madre sa come si chiama.
Lui è Francesco Mazzega, 35 anni, di Muzzana ma residente a Spilimbergo; lei è Nadia Orlando, 21 anni di Vidulis di Dignano. Lavoravano insieme alla Lima. Lì è sbocciato un amore che si è tramutato nella peggiore delle tragedie.
Francesco l’ha uccisa e ha girato in auto con il suo corpo accanto, fino poi a costituirsi al mattino. Adesso è ai domiciliari in attesa di giudizio, nella casa dei genitori a Muzzana.
«Eravamo la famiglia del Mulino Bianco, eravamo felici», scandisce la mamma. Una felicità che da due mesi ha un altro nome: dolore. Come il dolore che respirò la signora Antonella quella sera del 31 luglio, quando sua figlia uscì con il ragazzo che diceva di amarla.
E alle nove e un quarto della sera, mentre si stava preparando per il turno in fabbrica, sentì «un affanno, un dolore forte al petto, e ho pensato: Nadia è in pericolo».
L’ha detto al marito Andrea, ed è cominciata la ricerca. Una notte in fabbrica che fu un tormento, una madre che cerca di essere granitica di fronte ai colleghi, ma che sente il cuore sgretolarsi. Alle sei del mattino timbra ed esce. E dal tormento entra in un incubo che non finirà.
Nadia era uscita per chiarire, non tornerà più. Il sabato precedente l’aveva detto alla sua mamma. Come due amiche si erano distese a prendere il sole l’una accanto all’altra in giardino. E le aveva confidato che la sua relazione con Francesco era giunta al capolinea.
In questa famiglia assennata, dove il rispetto e l’amore non sono un optional, la mamma le aveva fatto mille raccomandazioni: ci si lascia ma con le buone, tanto più se continuerete a lavorare nello stesso posto.
Un chiarimento, ecco il motivo di quell’uscita il lunedì sera.
Poi si è spalancato il tunnel del dolore. Le abitudini che consolidavano la famiglia si sono capovolte. Ogni sabato al mercato con Nadia per cercare cose belle. «Adesso ci andiamo per comprare i fiori da portarle in cimitero».
Per una mamma e un papà è un dolore contro natura. Centinaia di lettere e di biglietti sono stati recapitati a Vidulis, li firmano persone che mai hanno conosciuto la famiglia ma che hanno voluto testimoniare la vicinanza.
Dalla zona della Bassa, però, il silenzio. Possibile? Hanno detto che i genitori di Francesco provano lo stesso dolore. «Ma le pare? Ma come si fa a dire una cosa del genere?»
Per i genitori sarà mai possibile condividere una tragedia simile? «I primi giorni abbiamo pensato che anche loro stavano provando dolore. La gente ci chiedeva: se suonano alla porta, aprite? Pensavamo, perché no? Ma con il passare del tempo le cose sono cambiate. Hanno scelto il secondo avvocato, hanno accettato a casa un assassino, no, non lo possiamo accettare», dicono Antonella e Andrea.
«Il figlio ha sbagliato e deve pagare. Continuiamo a sperare nella legge, nella Fede; speriamo che i prossimi giudici abbiano veramente pietà di Nadia».
Da Muzzana si è fatto vivo il parroco, nulla più.
È arrivato qualche giorno fa un misterioso sms firmato dai genitori di Francesco, chiedevano di poter incontrare i genitori di Nadia. «Non è lo stesso dolore. Ma come si fa a dirlo? Noi abbiamo messo nei sacchi i vestiti e le cose di nostra figlia, abbiamo regalato la sua bici. Nadia non tornerà».
L’auto di Nadia c’è, è rimasta in cortile parcheggiata. Tra qualche mese, appena sarà maggiorenne, passerà al fratello che l’ha voluta per sé: «Orgoglioso di guidare la sua macchina».
Un padre e una madre che non sanno spiegarsi cosa sia accaduto. «Sembravano uniti», forse lui non ha accettato la scelta di Nadia di mollarlo. Nadia che amava la sagra del paese e alla quale aveva dovuto rinunciare in parte per andare in vacanza con lui a Polignano a Mare, in Puglia.
«Ci sono andati in treno, Nadia aveva conservato i biglietti. A lui non piaceva guidare a lungo. E poi ha girato undici ore con il corpo di Nadia in auto a fianco...».
Ci sono il dolore e ci sono la rabbia in questa villetta perfetta, accogliente, dove tutto è in ordine, acquistata anni fa da un signore che è poi diventato un altro nonno di Nadia, e come gli altri nonni ha sofferto e pianto per lei.
«Lei era un libro aperto, vedeva sempre il bello di ogni cosa. “Mami, facciamo questo? Mami facciamo quello?” L’ho sognata soltanto una volta e in quella circostanza le raccomandavo di stare attenta al suo fidanzato», ricorda Antonella.
Ogni giornata è un pellegrinaggio, una stazione della Via Crucis. Anche le abitudini sono modificate. Antonella non fa più i turni, lavora al mattino. Poi va in cimitero a far visita alla figlia, accarezza la fotografia sulla lapide, la bacia, la saluta: «Ciao, piccola».
«Abbiamo avuto tanta, tanta solidarietà, ma sentire certe affermazioni fa male. Perché la Regione non si costituirà parte civile?».
E poi un’altra ferita quando hanno visto le fotografie di Francesco che usciva dal carcere per i domiciliari. «È sempre riuscito a imbambolare gli altri, così ha fatto anche con noi e con Nadia».
Un bicchiere d’acqua non scioglie il nodo che ingroppa la gola. «Nadia non c’è e non tornerà più», ripete la mamma Antonella stringendo tra le mani un fazzoletto. Nadia non c’è. E non tornerà.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto