Lo scheletro è di una donna, forse è la scomparsa di Portis

CAVAZZO CARNICO. Appartiene a una donna lo scheletro nel quale si è imbattuto un escursionista friulano, nel pomeriggio di martedì, mentre passeggiava nella zona boschiva di Cavazzo carnico, in località Cason. A fornire agli investigatori il primo importante tassello del misterioso ritrovamento è stato l’esito dell’esame cadaverico esterno effettuato ieri mattina su quel che resta del cadavere. Il responso, per quanto ancora parziale, rafforza l’ipotesi che quelle rinvenute siano le ossa di Armida Valent, l’81enne di Portis di Venzone, di cui non si avevano più notizie dal 20 ottobre 2014. L’ultima parola, comunque, arriverà soltanto dal test del Dna, che la Procura della Repubblica di Udine disporrà quanto prima.
Il ritrovamento nel bosco
Erano stati i carabinieri della Compagnia di Tolmezzo a ricevere la segnalazione dell’escursionista e a recarsi sul posto, insieme ai colleghi del Soccorso alpino e della Squadra rilievi del Comando provinciale, e ai finanzieri del Soccorso alpino di Tolmezzo, per le operazioni di recupero dello scheletro e di repertamento dell’area. Operazioni rese peraltro disagevoli dalle caratteristiche della zona, immersa in una conca scarsamente illuminata e particolarmente fredda. E cioè in un punto del bosco che costeggia la sottostante pista ciclabile tra Cavazzo Carnico e Pioverno, a una cinquantina di metri dal cavalcavia. Ottenuto il via libera del magistrato, i militari, al comando del capitano Stefano Bortone, avevano trasferito i resti umani nella camera mortuaria dell’ospedale di Tolmezzo, in attesa dell’esame cadaverico rinviato comunque al giorno successivo.
Esclusa una morte violenta
La buona notizia è che il medico legale ha stabilito il sesso del cadavere: una donna, come provato dallo studio delle ossa (e, in particolare, della testa del femore e del bacino) e dal ritrovamento di un brandello di reggiseno. La cattiva, invece, è che non è stato possibile risalire alla causa del decesso. Troppo compromesse le condizioni dello scheletro, per azzardare una qualsiasi risposta. L’esame, tuttavia, ha consentito di escludere quantomeno l’ipotesi di una morte violenta, non essendo stati rilevati segni di rottura delle ossa, nè di fori in entrata e in uscita. Preziosa anche l’indicazione temporale che l’anatomopatologo è riuscito a fornire sulla base dello stato di decomposizione dello scheletro: la data del decesso è apparsa compatibile con quella della scomparsa dell’anziana di Portis di Venzone. Nel corso dell’ispezione, il medico legale ha effettuato anche il prelievo di alcuni frammenti di ossa, per procedere con la prova “regina” del Dna. Considerata l’assenza di parti molli e viste le conclusioni cui si è approdati già con l’esame esterno, con ogni probabilità il pm Lucia Terzariol non disporrà alcuna autopsia.
Procura fiduciosa
«Ci sono ottime possibilità che si tratti dell’anziana scomparsa diversi mesi fa da Portis di Venzone», ha confermato ieri il procuratore capo di Udine, Antonio De Nicolo. «Per essere sicuri dell’identità, comunque – ha precisato –, disporremo il test del Dna, conferendo l’incarico a un esperto in genetica. Quanto alla causa della morte, scartata l’ipotesi dell’intervento di terzi, non sappiamo ancora se si sia trattato di un evento accidentale, come una caduta o un malore, oppure suicidario».
L’ultimo giro in bici
Ad avvalorare la tesi che quello trovato sia lo scheletro di Armida Valent è anche il calcolo della distanza tra il luogo in cui l’anziana lasciò la propria bicicletta, appoggiata a un albero di noce vicino ai campi delle Risorgive Pradulin, a sinistra della strada statale 13 Pontebbana, lungo il Tagliamento, e il punto del ritrovamento di martedì: appena 4 chilometri in linea d’aria, che diventano 6, qualora si consideri invece il tracciato del sentiero completo di curve e deviazioni. Una distanza a sua volta compatibile, insomma, con gli spostamenti di una persona che, per quanto anziana, in quelle zone abitava ed era solita muoversi.
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