Lite sui fondi per i pascoli, a processo

Il rappresentante di una delle aziende unite in filiera accusato di tentata estorsione ai danni del titolare di Carniagricola
Di Luana De Francisco

OVARO. Da soci in affari, o meglio, nel Patto di filiera “Carne di qualità dai pascoli della Carnia”, a rivali davanti al tribunale di Udine. È finita a colpi di denunce e carte bollate la “joint venture” con la quale, nel 2008, “Carniagricola società agricola ar.l.” di Enemonzo, la società agricola “Concina D.l. Concina s.s”, di Tartinis, e “Azienda agricola Gagliolo Lucia”, di Ovaro, si erano alleate nell’ambito di un progetto integrato di filiera (Pif), che avrebbe garantito loro l’accesso ai contributi regionali previsti dal Programma di sviluppo rurale 2007-2013.

Ieri, il caso ha superato la soglia dell’udienza preliminare, con il decreto che ha disposto il rinvio a giudizio di Francesco Giorgis, 51 anni, di Ovaro. L’uomo, che al progetto aveva partecipato nell’interesse della moglie Lucia Gagliolo - a sua volta inizialmente indagata e la cui posizione era stata in breve archiviata -, deve rispondere di tentata estorsione ai danni di Mario Nassivera, legale rappresentante Carniagricola, capofila del patto. L’ipotesi sostenuta dal pm Letizia Puppa davanti al gup Daniele Faleschini Barnaba è che lo abbia minacciato in più occasioni, per costringerlo a corrispondere a lui e alla propria consorte una somma di 50 o 60 mila euro. I fatti risalgono a un periodo compreso tra l’aprile e il settembre del 2012, quando il sodalizio venne sfaldandosi proprio sul rischio di vedere il contributo revocato all’intero Pif.

Era stato Nassivera a decidere di dare un taglio al comportamento tenuto dai coniugi, segnalando la controversia alla magistratura. Nella denuncia-querela presentata dall’avvocato Carlo Strada - con il quale si è successivamente costituito parte civile -, venivano elencate una dopo l’altra le circostanze nelle quali Giorgis avrebbe preteso, per procedere nella realizzazione del progetto per quanto di loro spettanza, l’erogazione di un finanziamento in loro favore per circa 60 mila euro. E veniva accusato di averlo fatto «con la minaccia di totale inadempimento della Gagliolo alle obbligazioni assunte con il patto».

Stando all’accordo originario, alla realizzazione dell’intervento Carniagricola avrebbe contribuito nella misura del 70,44 per cento (costo complessivo di 1.150.000 euro, di cui 575.000 ammessi a contribuzione), Concina per il 20,16 (totale di 329.127,40 euro, di cui 197.476,43 di contributi) e Gagliolo per il 9,41 (153.578,72 euro, di cui 92.147,23 di contributi). A un certo punto, però, la società di Ovaro «si astenne dal dare adempimento alle obbligazioni assunte col Pif, nonostante i solleciti verbali di Nassivera». E questo anche dopo la nota con la quale il titolare della capofila li aveva invitati a variare l’intervento a loro riferito e offerto fino a un massimo di 15 mila euro, per assicurare la realizzazione dell’intervento di loro spettanza.

Assai diversa la versione fornita dalla difesa. «Manca completamente l’ingiustizia del profitto – ha sostenuto l’avvocato Maurizio Conti –, perchè Giorgis non ha fatto altro che chiedere l’adempimento degli accordi intercorsi al momento della stipula del Pif, che prevedevano che non ci sarebbe stato alcun esborso da parte della moglie, per le opere di miglioria su uno stavolo, se non nei limiti del contributo riconosciuto dalla Regione». Contributo di 5 mila euro, erogato per due anni di fila e poi sospeso, «per un errore nella gestione burocratica della pratica compiuto da Carniagricola – continua l’avvocato Conti –. Non ricevendolo più, si chiese solo il rimborso dei lavori, nella misura del contributo perso e senza alcun margine di guadagno». Sarà il dibattimento, nel processo al via dal 18 febbraio, a stabilire chi aveva ragione.©RIPRODUZIONE RISERVATA

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