L’indagine è partita dopo il furto di una Giulia da Sina

Ritrovata bruciata l’indomani a Caorle. Prosegue l’attività investigativa sulla banda anche in altre regioni
L’indagine della squadra mobile di Pordenone, coordinata dal vicequestore aggiunto Silvio Esposito, prende le mosse da lontano. Per la precisione dalla metà di aprile, quando al concessionario Sina, in viale Venezia, ignoti sfondano in retromarcia il cancello di ferro della concessionaria, al volante di un suv Alfa Romeo Stelvio, ancora avvolto nei teli protettivi, e sfrecciano poi via a bordo di una Giulia modello veloce, del valore di quasi 40 mila euro. Il furto risale al 14 aprile. L’indomani la vettura, del valore di circa 40 mila euro, era stato trovato in fiamme nelle campagne di Marango, nei pressi dell’azienda agricola Casere, vicino a Caorle. La Giulia era completamente bruciata. All’epoca gli investigatori ipotizzarono che l’automobile fosse stata usata per compiere gli assalti ai bancomat in provincia di Treviso nella notte fra venerdì e sabato.


Da quello spunto investigativo è nata la brillante inchiesta che ha portato agli arresti dei quattro giovani sinti. Ma l’indagine non è conclusa. L’alacre lavoro degli investigatori della squadra mobile di Pordenone è ancora in corso. Proseguono, in tal senso, le indagini di varie procure del Veneto e anche di quella di Pordenone, per capire se i quattro giovani ora in carcere abbiano perpetrato altri furti. Il questore Diego Buso ha messo in evidenza la caratura della banda, capace di una profonda conoscenza del territorio e di tutti i possibili casolari e anfratti da utilizzare come nascondigli per sottrarsi alla cattura. «Era difficile ipotizzare le vie di fuga e le loro modalità d’azione», ha sottolineato Buso. La squadra mobile di Pordenone c’è riuscita.
(i.p.)


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