L’inchiesta su Clini si allarga in regione

Indagata la moglie, di origini triestine, dell’ex ministro. Il pm che indaga è lo stesso che ha ricevuto gli atti sulla laguna
L'allora ministro dell'Ambiente Corrado Clini il 22 settembre 2012 a Roma. ANSA/ GUIDO MONTANI
L'allora ministro dell'Ambiente Corrado Clini il 22 settembre 2012 a Roma. ANSA/ GUIDO MONTANI

UDINE. Il nome dell’ex ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, da lunedì agli arresti domiciliari, è legato a doppio filo con il Friuli Venezia Giulia. E il contesto nel quale sono maturate le due inchieste giudiziarie che lo hanno investito negli ultimi giorni anche.

Il che basta e avanza per ipotizzare - o, quantomeno, non escludere - sviluppi anche locali nelle indagini coordinate dalle Procure di Ferrara e di Roma. A spuntare sul registro degli indagati, intanto, è il nome della moglie di Clini, Martina Hauser, originaria di Trieste - dove lui è stato a lungo presidente dell’Area Science Park -, con casa a Duino, un incarico di consulente allo stesso ministero del marito e un altro come assessore al Comune di Cosenza e, alle spalle, un matrimonio con il ministro degli Interni del Montenegro, Andirja Jovicevic.

Sullo sfondo di queste e di altre indagini in corso in tutta la Penisola per fare luce sul meccanismo dei commissariamenti per emergenze ambientali inesistenti e, più in generale, sulle attività e sulla gestione della Direzione centrale del ministero, la maxi inchiesta della Procura di Udine sulla bonifica “fantasma” del sito inquinato della laguna di Marano e Grado.

Inchiesta che, dopo avere viaggiato a lungo sul doppio binario investigativo friul-romano, da marzo è stata interamente trasferita nella Capitale. E, per l’esattezza, a quello stesso pm Alberto Galanti che, ora, contesta a Clini, alla sua signora e ad altre quattro o cinque persone, l’ipotesi di reato dell’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, con l’aggravante della transnazionalità.

Nel mirino, questa volta, sono finite le presunte provviste realizzate da alcune imprese italiane e approvate dal ministero, in forza di progetti a sei zeri per la riqualificazione ambientale di alcune aree della Cina (200 milioni di euro) e del Montenegro (14 milioni). Il sospetto degli inquirenti è che dietro il finanziamento ci sia stato un giro di “mazzette”.

E che a beneficiarne non sia stato soltanto Clini, che dal 1989 al 2011 ha retto il ministero come direttore generale, ma anche gli altri “dominus” del palazzo romano. A cominciare dal suo rivale storico, Gianfranco Mascazzini, a sua volta coinvolto in innumerevoli inchieste in materia ambientale, compresa quella friulana.

Due giorni fa, era stato lo tsunami scatenato dalla Procura di Ferrara a fare tremare gli ambienti. L’accusa che ha portato alla misura cautelare dei domiciliari è quella di peculato, in relazione al progetto New Eden, in Iraq, per la riqualificazione dell’area tra il Tigri e l’Eufrate, che dall’Ambiente ottenne un finanziamento di 54 milioni di euro, di cui 3 milioni 200 mila - secondo i pm emiliani - distratti dall’allora (tra il 2007 e il 2011) direttore generale del dicastero.

Sollevato il coperchio sul “pasticcione” romano e moltiplicati i filoni d’indagine, è verosimile immaginare che a passare al setaccio saranno tutte le operazioni realizzate o soltanto progettate da Clini, attraverso la rete di partner costruita dentro e fuori l’Italia.

Legato anche affettivamente al Friuli Venezia Giulia, in regione Clini ha diversi rapporti. L’ultimo in ordine di tempo risale a marzo, quando, in qualità di direttore del ministero, aveva sottoscritto un accordo con il gruppo di comunicazione Rem, guidato da Pietro Lucchese, per progetti legati alla riduzione della Carbon Footprint.

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