Li adescava con Fb: dirigente sportivo colpevole per 2 casi
MAJANO. Condanna a 10 mesi di reclusione, sostituiti con 1 anno 8 mesi di libertà controllata, in relazione a due dei cinque episodi contestati, e assoluzione “perchè il fatto non costituisce reato” per gli altri tre: si è chiuso così il processo a carico di Mauro Schiratti, 58 anni, di Majano. L’uomo, che in paese è noto come ex dirigente sportivo e per i suoi incarichi nell’associazionismo e nella Protezione civile, era chiamato a rispondere dell’ipotesi di reato di adescamento di minori di anni 16.
La sentenza è stata pronunciata ieri dal giudice monocratico del tribunale di Udine, Andrea Fraioli. Il pm della Procura distrettuale di Trieste, Cristina Bacer, aveva chiesto una pena di 1 anno di reclusione. Il difensore, avvocato Carlo Monai - sostituito in aula dalla collega Francesca Corrias -, aveva invocato invece l’assoluzione, escludendo l’integrazione del reato, così come previsto dalla norma, ossia legato al dolo specifico e, quindi, finalizzato alla commissione delle varie fattispecie di violenza sessuale, anche se relative al materiale pornografico. In attesa di leggere le motivazioni della sentenza - il giudice si è dato 90 giorni di tempo per il deposito -, i legali hanno già preannunciato appello.
Identica la tecnica di approccio adoperata con i ragazzini. Tutti suoi amici su Facebook e tutti contattati attraverso l’invio di messaggi. Il primo a essere avvicinato aveva 13 anni. Era il 1° novembre 2012 e Schiratti aveva cercato di attirarlo a sè riempendolo di lusinghe e promesse. «Anche a te come ai tuoi amici di pallone posso volerti bene, se lo vuoi sei bello, carino e di animo buono. Mi piacerebbe sapere qualcosa di te. Per me sarebbe un piacere poteri accarezzare, per trasmetterti stima, sostegno morale. Mi piacerebbe ammirare il tuo bel fisico al naturale, non per offenderti o maltrattarti, ma per volerti più bene». Per la Procura, l’obiettivo, in quell’occasione e nelle altre che seguirono, sarebbe stato quello di procurarsi materiale pornografico o di compiere con loro atti sessuali. Nonostante l’inchiesta e le accuse, nessuno dei genitori aveva chiesto alcun risarcimento. (l.d.f.)
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