Legale calunniato Condanna a 2 anni per ex carabiniere

Claudio Casella, ex carabiniere e ora imprenditore, 51 anni, di Caorle, difeso dall’avvocato Alessandro Mainardi, è stato condannato a due anni di reclusione, pena sospesa, per calunnia nei confronti...

Claudio Casella, ex carabiniere e ora imprenditore, 51 anni, di Caorle, difeso dall’avvocato Alessandro Mainardi, è stato condannato a due anni di reclusione, pena sospesa, per calunnia nei confronti dell’avvocato Alessandro Borin e di conseguenza al risarcimento del danno. Il giudice Giorgio Cozzarini ha invece assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di calunnia, gli altri due imputati, Giorgio Renzi, 53 anni, residente a Caorle, difeso dall’avvocato Igor Visentin e il carabiniere Cristian Corvino, 38 anni, residente a San Stino di Livenza, assistito dall’avvocato Andrea Gritti. I fatti contestati dall’accusa risalgono al 2014 e l’indagine porta la firma del pm Annita Sorti.

Ci sono voluti due anni dall’udienza preliminare al dibattimento per sviscerare la complicata vicenda che si è intrecciata a un’inchiesta veneziana finita peraltro in prescrizione. Dei tre episodi, contestati in concorso come parte di un unico presunto disegno criminoso e tenuti insieme dalla formula “previo accordo fra gli imputati” aggiunta in udienza preliminare, è sopravvissuto ben poco nella sentenza del giudice Cozzarini. Le parti offese sono calate infatti da tre a una, il solo avvocato Borin. Il giudice non ha ravvisato la sussistenza del reato nei confronti dei marescialli dei carabinieri Francesco Lambiase (originario di Gemona, 42 anni) e Antonio Longo (38 anni), rispettivamente comandante e vicecomandante della stazione di Caorle.

Un amico ha riferito a Casella di aver saputo dall’avvocato Borin che i due marescialli ritenevano Casella l’autore delle lettera anonime con minacce recapitate al sindaco di Caorle Striuli e che avrebbero tentato di incastrarlo. Borin e un teste hanno dichiarato che tale colloquio non era mai avvenuto. Per l’amico il giudice ha disposto la trasmissione degli atti al pm per concorso in calunnia. Per il padre dell’uomo, invece, ha chiesto di valutare l’ipotesi di falsa testimonianza.

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