«Le osterie vogliono essere salvate?»
La domanda provocatoria dell’ex presidente del Comitato Driussi: hanno orari da ristorante

L’ex presidente del Comitato friulano difesa osterie, Enzo Driussi, interviene sulla questione dei vecchi luoghi di incontro da salvare.
« “Salviamo le osterie”: è così che si intitola il pezzo di Andrea Valcic, uscito domenica sul Messaggero Veneto. Quel titolo, quasi un grido di dolore – sottolinea Driussi –, riporta il pensiero a più di 30 anni fa quando, proprio con l’intento di tentare di salvar le vecchie osterie friulane, venti speranzosi e convinti amici di quei tipici luoghi d’incontro, diedero vita al Comitato friulano difesa osterie. Valcic era uno di questi. Tutti, diciamo la verità, ci credevamo, anche se le difficoltà si sommavano giorno dopo giorno. Ci consideravano un po’sognatori, un po’illusi, un po’goliardi».
«Alcuni – prosegue Driussi – ci guardavano sorridendo ironicamente, altri ci accusavano di essere i protettori degli “alcol-trafficanti”, altri ancora ci schernivano quando, tanto per ridere, annunciammo di voler creare una lista civica per presentarci alle elezioni comunali a Udine. Dopo oltre 30 anni i casi della vita hanno ridotto i soci fondatori a meno della metà. Lo stesso, o anche più, è successo alle vecchie osterie»
Secondo Driussi, che all’interno del Comitato ha lasciato il posto a Enzo Mancini dopo 20 anni, l’articolo di Valcic riporta tristemente a galla il problema. «Mi fa anche nascere, provocatoriamente, una domanda: ma le vecchie osterie – si chiede Driussi –, vogliono veramente essere salvate?».
«Uno come me che – chiarisce –, un po’ per l’età, un po’ per una breve tradizione di famiglia, un po’ per passione, ha conosciuto l’osteria di un tempo, ora si trova in difficoltà a considerare osteria un locale che apre, se va bene, alle 11 di mattina, chiude alle 15 per riaprire alle 19. È chiaro che questi sono orari da ristorante, non da osteria. Va bene che quattro vecchietti che giocano a briscola consumando un paio di taglietti rendono meno di quattro commensali che pranzano o cenano, ma l’osteria era quella. Va bene, è il progresso. Ma almeno non lamentiamoci se, una dopo l’altra, le osterie scompaiono lasciando il posto a ogni altro tipo di locale dove si trova di tutto meno quel profumo d’osteria che venti illusi di 30 fa erano convinti di poter salvare».
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