Le donne non contano nulla, sono oggetti: il potente messaggio delle Coefore racconta il mondo di ieri e quello di oggi

L'opera Coefore, visibile anche in streaming grazie al teatro Elfo Puccinidi Milano e all’Istituto Italiano di Cultura a Parigi è un testo potente, arcaico come lo sono le pulsioni di una civiltà in cui il potere, la legge, è degli uomini, non delle donne.

Le donne non contano nulla. Sono beni da cedere o sottrarre. La nascita del teatro greco coincide con l’assenza delle donne come persone e prosegue nei secoli. Perché il teatro racconta il mondo, e con il suo linguaggio mette nel mondo personae, maschere.

Le donne non contano per i greci, siano madri, spose o figlie. Né per i romani, chiedetelo alle Sabine. Solo dei padri è l’Onore. Lo sa bene anche Ibsen, che scrive “Casa di bambola” a fine Ottocento, quando tra Clitemenstra e Nora sono ormai passati secoli.

L'opera Coefore è un testo potente, arcaico come lo sono le pulsioni di una civiltà in cui il potere, la legge, è degli uomini, non delle donne.

Che cos'è Chi è di scena, la rubrica bisettimanale che svela tutti i segreti del teatro
Scena da Come vi piace, Francis Hayman, 1750

La versione che in questi giorni potete rivedere grazie al teatro Elfo Puccini di Milano e all’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, che hanno pubblicato il video dello spettacolo “Coefore. Appunti per un’Orestiade italiana”, introdotto dallo stesso regista, Elio De Capitani, è quello della traduzione di Pier Paolo Pasolini.

Qui il video

Una traduzione – tradimento che nel 1959 scosse pubblico e critica per l’uso di un linguaggio, quello delle Ceneri di Gramsci, in grado di imporre una traiettoria compiutamente politica ad un testo che imponeva al pubblico della polis e a noi oggi, di riflettere sull’intimo legame tra memoria e generazioni,  tra elaborazione del lutto e nascita della democrazia, in cui la pace è sempre una scelta. 

Se affrontare l’Orestea significa affrontare le origini del teatro, per Coefore è necessario disporsi all’ascolto di quei rumori di fondo che affiorano dalle profondità dell’inconscio, lasciar parlare le nostre radici oscure, le stesse nominate in tutti i conflitti familiari in cui l’onore del Padre vacilla. De Capitani procede con la costruzione di un potente dramma rituale in cui l’azione di Oreste è il riverbero di una pulsione ancora più profonda e innominata.

L’intellettuale Oreste ha bisogno di incontrare il male assoluto, per scoprire la nascita di una coscienza, quanto la comunità ha bisogno di un coro, o di un tribunale per purificare i propri atti, disarmare mani. Non è un caso  che l’assoluzione di Oreste avvenga davanti al tribunale dell’Areopago, dopo la persecuzione delle Erinni. Non è un caso che questo lavoro teatrale visibile in rete, sia stato concepito durante la guerra in Jugoslavia. 

Centrale nello spettacolo di De Capitani, di cui viene proposto il video, è il lavoro con gli attori, un unico grande corpo drammatico che vede al centro Ferdinando Bruni, Oreste, un Oreste allontanato da giovane dalla casa paterna, ma costretto a ritornarvi perché ossessionato dal richiamo ancestrale delle Erinni e Alessandra Antinori, Elettra, corresponsabile del matricidio, perché anche lei obbedisce alla legge del Padre, non a quella delle madri, né delle sorelle.

Accanto a loro Ida Marinelli è Clitemnestra, e Giancarlo Previati Egisto. Ma altrettanto centrale e importante  è qui il ruolo del coro,  undici attrici e cantanti di altissimo livello, che interpreta una partitura originale scritta da Giovanna Marini, ispirata ai canti funebri e alle dissonanze tipiche della musica popolare dell’area del mediterraneo. Nei canti si fondono, con effetti di contrappunto, l’italiano di Pasolini, pieno di parole “totem” e il greco antico della tragedia. La stirpe,  risponde alla responsabilità morale dei singoli, che trascinano con sé anche la discendenza. E tutto quanto sembra necessario fare non scagiona mai dalla colpa. 

Qurllo che c'è da sapere su Coefore. Appunti per un’Orestiade italiana. De Capitani indaga l’eredità dei padri. In scena la protagonista è Clitemnestra, vestita come una gitana, la gonna lunga, i capelli nascosti da un copricapo. Appare sulla porta del Palazzo degli Atridi, si muove con l’attenzione di un animale selvaggio, interroga l’uomo che ha difronte a sé, suo figlio, cappotto nero e occhiali da intellettuale e non lo riconosce. Non può, non deve. Lei ha un destino. Lui, Oreste è l’altro, lo straniero, l’estraneo alla madre.

Clitemnestra è sorella di Elena, moglie di Menelao. Agamennone è fratello di Menelao, marito di Clitemenestra. Ifigenia, figlia di Agamennone e Clitemenstra è sacrificata dal padre per placare l’ira di Artemide. Clitemnestra, è madre di Elettra e Oreste. E prima di loro di un altro figlio, avuto da un altro marito, Tantalo, cugino di Agamennone e da lui ucciso per prendere in moglie Clitemenestra, regina di Micene. Prendere. Anche Cassandra, è presa, preda depredata e bottino di guerra di Agamennone, che ha distrutto Troia.

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