Le caldaie a rischio: meno manutenzioni nonostante le norme

UDINE. Autunno, tempo di primi freddi. Da combattere anche con l’ausilio di stufe e termosifoni, che in questi giorni tornano a scaldare case e appartamenti.
L’episodio di martedì sera, 5 novembre, quando una coppia di giovani sposi è rimasta intossicata a causa del malfunzionamento della caldaia della loro abitazione di via Santa Margherita del Gruagno, riporta al centro dell’attenzione l’annosa questione dalla manutenzione degli impianti termici.
CALDAIE, ECCO LE REGOLE D'ORO DA SEGUIRE
- Fare Ia manutenzione periodica degli impianti
- Controllare Ia temperatura ambiente
- Usare i cronotermostati intelligenti
- Applicare valvole termostatiche
- Attenti alle ore di accensione
- Installare pannelli riflettenti tra muro e termosifone
- Schermare le finestre Ia notte
- Evitare ostacoli davanti e sopra i termosifoni
Questione che i friulani non approcciano con la necessaria sensibilità, stando ai dati forniti dall’Ucit, srl costituita nel 2006 da Comune e Provincia per occuparsi del servizio di monitoraggio degli impianti.
«Negli ultimi anni – indica il coordinatore operativo delle attività dell’Ucit, Angelo Belluzzo – la percentuale di ispezioni negative è aumentata, dopo che nel 2012 erano state appena il 21 per cento». Poi una crescita progressiva, fino al picco di 42 per cento di controlli risultati negativi, registrato nel 2014 e di nuovo nel 2017.
Pigrizia, disattenzione e il desiderio di risparmiare quattrini possono costare caro: la carente manutenzione degli impianti può portare al malfunzionamento di stufe e caldaie, con guasti anche subdoli. Basti pensare ai malfunzionamenti che causano problemi di efficienza, che possono comportare anche la dispersione di gas negli ambienti d’installazione e la formazione del monossido di carbonio.
Le norme di legge in vigore, (la direttiva europea 2010/31, recepita in Italia con il Dpr 74 del 2013) prevedono per gli impianti a combustibile liquido o solido il controllo di efficienza energetica (è il cosiddetto controllo fumi) ogni due anni e per tutti gli altri impianti a gas ogni quattro anni. Obblighi fissati per «quelli inferiori o uguali a 100 kw», che sono la stragrande maggioranza delle caldaie.
Per quanto riguarda la “manutenzione” c’è l’obbligo di fare effettuare i controlli a ditte abilitate attenendosi alle indicazioni del libretto fornito dall’installatore della caldaia o in mancanza di questo del libretto del fabbricante, o in mancanza di entrambi, alle prescrizioni e alla periodicità prevista dalle normative Uni e Cei, che in genere sono una volta all’anno o nelle caldaie ad alta efficienza una volta ogni due anni.
«È fondamentale che gli impianti vengano messi nelle condizioni di lavorare bene: i controlli finalizzati a verificare l’efficienza del funzionamento e i corretti valori dei consumi costituiscono un’ottima occasione per monitorare il tiraggio e le emissioni di stufe e caldaie», indica Giorgio Turcati, capo categoria regionale di Confartigianato Termoidraulici.
«C’è maggior attenzione rispetto al passato. Ma, se per le caldaie gli obblighi di legge costituiscono un valido alleato nella ricerca della sicurezza, manca la cultura del controllo per gli altri dispositivi, a partire dalle stufe. I casi di malfunzionamenti e di canne fumarie che prendono fuoco non si contano».
Lo sanno bene i vigili del fuoco, che quasi quotidianamente sono chiamati a intervenire per casi di incendio di camini: «Interventi che – spiega il funzionario del comando provinciale di via Popone, Valmore Venturini – seguono l’andamento stagionale e si concentrano in particolare nel periodo invernale».
Non sono mancate, anche negli ultimi anni, situazioni in cui la cattiva manutenzione o l’approssimazione nell’installazione degli impianti di riscaldamento ha portato alla saturazione degli ambienti, con la formazione di monossido di carbonio talmente concentrato da causare l’intossicazione degli occupanti dell’alloggio.
«Il gas, prodotto da reazioni di combustione in difetto di aria, è particolarmente insidioso perché incolore, inodore, non irritante: l’organismo umano – aggiunge Venturini – non lo avverte e concentrazioni di 210-250 parti per milione nell’aria cominciano a essere già pericolose per l’uomo».
Le abitazioni costruite per limitare le dispersioni di calore, ben isolate, risultano paradossalmente più a rischio: «In passato ci è capitato di trovare addirittura le griglie di areazione otturate, proprio per evitare la dispersione termica», conclude il funzionario dei vigili del fuoco. —
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