Le aziende Top 500 e il cambio di rotta sui fornitori

Aziende alleate ai fornitori per ottimizzare qualità e controllo e puntare sull’innovazione. Colussi Ermes, La Delizia, Kronospan, Unicredit, PwC, Fonderie di Cividale: le strategie

Enri Lisetto

PORDENONE. Una rete di fornitori selezionati per qualità e controllo che spesso diventano partner, il capitale umano opportunamente valorizzato.

Ancora, l’introduzione delle tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning per ottimizzare la previsione della domanda e la pianificazione di tutte le componenti della supply chain, o piani di re-shoring o near-shoring che, accorciando le catene di fornitura, permettono di ridurre e superare eventuali ostacoli e imprevisti.

Insomma, non c’è una soluzione sola: le imprese hanno percorso e stanno percorrendo molte strade nella gestione delle catene di fornitura, specie davanti a imprevisti che si susseguono dal Covid alla guerra in Ucraina sino all’instabilità nel Medio Oriente.

Molteplici anche le strategie messe in campo dal management delle aziende chiamate a portare la loro esperienza nella tappa pordenonese, la seconda su tre in Friuli Venezia Giulia, di Top 500, evento realizzato dai quotidiani del Gruppo Nem in collaborazione con Pwc, che si è tenuto ieri nella nell’auditorium di Confindustria Alto Adriatico a Pordenone.

A moderare il confronto è stato Luca Piana, vicedirettore del Gruppo Nem con delega all’economia, che ha intervistato il presidente di Colussi Ermes, Giovanni Battista Colussi, il direttore della Cantina La Delizia Mirko Bellini, l’amministratore unico di Kronospan Italia Massimo Cenedella, la responsabile Corporate Nord Est Unicredit Simona Gastaldello, Cristina Rizzi, senior manager Pwc Italia e Chiara Valduga, presidente Fonderie di Cividale.

Dalle gravi crisi occorre cogliere nuove opportunità e così è stato per i friulani dopo il terremoto e più recentemente dopo il Covid: «Nel 1976 c’era un Friuli rimasto fermo al dopoguerra che ha saputo aprirsi a nuove possibilità, così come oggi il Covid ha mostrato i limiti delle nostre aziende», ha premesso Mirko Bellini.

«Così dalla carta siamo passati alla tecnologia e oggi diamo al mercato quello che vuole», ovvero una filiera completa, diversificando tra Italia ed estero. Una scelta che ha fatto lievitare il fatturato dai 49 milioni del 2022 ai 68 del 2023. Nonostante «una speculazione che ha portato il costo del vetro da 15 a 49 centesimi a bottiglia».

La Delizia aveva in casa «scorte che ci hanno permesso di affrontare l’anno della speculazione pesante» e questo anche grazie «alla collaborazione di alcuni nostri fornitori». Da qui il monito: «Il Friuli deve lavorare con il resto del territorio, crescere a Nordest per affrontare i mercati, come sta facendo il Gruppo Nem».

Un altro evento dirompente è stato il conflitto in Ucraina, vissuto dalle Fonderie di Cividale (un centinaio tra partner e fornitori) che in Russia hanno una partecipata: «Quella società è stata il problema minore, perché era nata per servire il mercato interno russo – ha detto Chiara Valduga –. Ben di più ha pesato il rincaro energetico, ma abbiamo onorato le commesse a breve termine beneficiando delle produzioni a lungo termine.

Attivati canali alternativi di approvvigionamento, se commercialmente abbiamo perso alcune opportunità, abbiamo cercato di volgere le difficoltà a nostro favore, incrementando il mercato americano».

Quanto ai fornitori, «è strategico avere una rete locale. Consolidato il rapporto, ad alcuni di loro abbiamo delegato alcune fasi del ciclo produttivo».

Le aziende, «oramai organizzate su scala macro-regionale europea» e a fronte di «una previsione di domanda difficile da decifrare», come rimarcato da Simona Gastaldello, hanno ritarato le strategie sotto il profilo della ridondanza delle scorte e diversificato le fonti di approvvigionamento.

Quanto all’Italia, continua a essere attrattiva: nel 2022, sono state registrate 120 operazioni di aziende italiane verso l’estero, Spagna, Usa, Germania e Paesi Bassi nello specifico; gli investimenti esteri in Italia, viceversa, hanno fatto registrare ben 250 operazioni da Germania, Uk e Francia. «Investitori – ha specificato Gastaldello – che non scippano la cultura aziendale italiana, tanto che i membri delle famiglie italiane restano nei ruoli apicali».

L’esempio è alla Colussi Ermes, azienda che produce macchinari per il lavaggio alimentare. Per poter crescere ancora e restare competitiva è stata recentemente ceduta a un gruppo americano. «Il Covid è stato un momento di riflessione, ma a farci decidere è stato l’alto livello raggiunto, che aveva bisogno del supporto di un grande gruppo per farci restare competitivi.

La nostra azienda era florida, ma non aveva saputo internazionalizzarsi e darsi una struttura commerciale», ha detto Giovanni Battista Colussi. Per il quale il capitale umano è determinante: «I miei figli hanno studiato negli Usa e sono tornati con la capacità di intrattenere rapporti con i compratori».

Kronospan Italia, invece, all’inizio della pandemia ha agito come nel 2003, agli albori della Sars: «Abbiamo ritenuto di rischiare dando fondo a tutte le nostre disponibilità per acquistare materie prime a garanzia dei clienti.

Ad aiutarci è stato l’inglobamento nella nostra catena produttiva dei fornitori tanto che il 90 per cento delle materie prime proviene da nostre aziende», ha raccontato Massimo Cenedella. La multinazionale, peraltro, si produce pure i vagoni dei treni e i container: «I nostri 800 clienti – ha aggiunto il manager – non si sono lamentati per ritardi nelle forniture».

Infine il segreto dello sviluppo: «Siamo italiani e l’Italia ha una imprenditoria riconosciuta in tutto il mondo, che sa gestire le situazioni più complesse. Siamo emozionali, ma controbattiamo sempre».

Ecco perché, nonostante ostacoli, crisi e difficoltà, le imprese italiane restano sempre tra le più competitive e migliori per qualità al mondo.

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