L’asilo dove i bimbi hanno paura della neve

Quando l’hanno vista si sono rifugiati in classe. È accaduto nel Sacilese. Arriva la pedagogista: «Facciamogli riscoprire la natura»
Bambini con slittini, sci, biciclette e snowboard al Circo Massimo trasformato in una pista da neve, Roma, 4 febbraio 2012..ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Bambini con slittini, sci, biciclette e snowboard al Circo Massimo trasformato in una pista da neve, Roma, 4 febbraio 2012..ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Il più clamoroso segnale d’allarme è stata la neve. Quando le educatrici di un asilo del Sacilese hanno visto alcuni bambini piangere e chiedere di rientrare in classe perché la neve appena caduta nel giardino della scuola li impauriva, si sono guardate e si sono chieste: «Che cosa sta succedendo?». Come mai invece di gettarsi a capofitto e giocare con la neve i bambini avevano paura di toccarla perché fredda e bagnata e preferivano l’ambiente interno, certamente protetto e protettivo, ma chiuso e limitato?

A quel punto bisognava correre ai ripari. E i “ripari”, la cooperativa triestina Duemilanouno che gestisce nidi nel territorio provinciale e regionale, li ha trovati in Laura Malavasi, pedagogista autrice di importanti testi scientifici e divulgativi che dedica la gran parte del suo tempo professionale a girare l’Italia in lungo e in largo per proporre a insegnanti, genitori, adulti in generale un punto di vista educativo assolutamente “fuori dal coro”.

Lo stesso che ha portato nel Sacilese e nello Spilimberghese, durante un intenso programma di formazione, rivolto alle educatrici, che ha aperto – nel senso letterale del termine – un nuovo e diverso modo di concepire il rapporto fra dentro e fuori, fra spazio interno ed esterno, fra esperienze dirette con l’ambiente ed esperienze mediate da materiali didattici o dagli adulti.

Dal corso tenuto da Laura Malavasi è emersa la convinzione da parte di tutte le educatrici di portare avanti un’idea di nido, da condividere con le famiglie, che trova il suo equilibrio fra il dentro e il fuori, in un continuo e proficuo scambio di esperienze. A partire dalla riqualificazione del giardino “a misura” di bambino e della sua necessità di sperimentare l’ambiente esterno. Il segreto? Non certo “disarmare” la natura, ma far sì che i bambini ne facciano diretta conoscenza. Sassi, legnetti, neve e pioggia compresi.

Malavasi, che cosa stiamo facendo all’infanzia?

«Al giorno d’oggi per i bambini è sempre più difficile godere di spazi per il gioco, l’avventura, per mettersi alla prova. Spazi dove anche a volte poter disubbidire, per non parlare dello sporcarsi, del cadere, farsi male o addirittura ammalarsi (ma è vero esattamente il contrario, i bambini che stanno più all’aria aperta godono di ottima salute)».

Questo per quanto riguarda lo spazio. Ma cosa dire del tempo dell’infanzia?

«I bambini, marcati stretti da genitori che in genere inseguono la logica del sempre di più e sempre prima, hanno invece bisogno di adulti che permettano loro di essere bambini e di fare i bambini nei tempi e nei modi adeguati alla loro età. Sappiamo quanto siano determinanti e incisivi i primi sei anni di vita per poter esplorare, giocare, conoscere e trovarsi in situazioni impreviste, da affrontare e da risolvere. Il tempo dell’infanzia è proprio questo: il tempo dell’esperienza che forma, che crea le basi delle capacità e delle conoscenze».

Come possiamo pensare ad una scuola che si fa dentro, ma anche fuori?

«La relazione fra gli spazi esterni e quelli interni è profonda e compensativa. La scuola che si fa dentro – quella che tutti intendiamo come la scuola seria, quella delle competenze – per poter parlare a tutti i bambini ha bisogno di linguaggi e di contesti ulteriori e diversi. Molte ricerche scientifiche internazionali sostengono il ruolo fondamentale della motivazione nel processo di apprendimento. E per far questo è necessario costruire percorsi di conoscenza il più possibile vicini a ciascun bambino e ragazzo.

Gli ambienti esterni, i contesti naturali sono quanto di più prossimo all’uomo, di più complesso e più democratico. Democratico perché ognuno può avvicinarsi allo spazio naturale con la propria specifica modalità, perché il gioco dei bambini, anche molto piccoli, è un gioco trasformativo e non segue regole preorganizzate. Va da sé che per far crescere i bambini di oggi come futuri adulti attenti e appassionati al mondo è necessario investire fin dai primi anni di vita».

Come?

«Iniziare ad investire in natura a partire dall’asilo nido significa voler investire in un’infanzia il più possibile “bambina”, autentica, per poter garantire una dimensione di gioco e di scoperta in cui il fare esperienza – in chiave di avventura, sfida, coinvolgimento, sporco, coraggio, mettersi alla prova, trovare soluzioni – sia non solo possibile ma vada incoraggiato e sostenuto. Il mondo ha bisogno di adulti coraggiosi in grado di difendere le proprie ragioni e di inseguire sogni e progetti. Si comincia dal nido e la natura ci insegna, come ha sempre fatto».

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