L’appello di don Di Piazza: «Senza accoglienza il Paese non ha futuro»

«Con la chiusura dei porti vengono lasciati in mare per settimane i richiedenti asilo salvati dalle navi delle organizzazioni non governative. Ciò accade per la ricerca del più meschino dei consensi elettorali da realizzare sulla pelle dei naufraghi, compresi donne e bambini.
Tutti i richiedenti asilo per motivi umanitari vengono ora espulsi dal governo. Cosa possono pensare di noi i naufraghi che non vogliamo accogliere, cosa possono dirci i nipoti e pronipoti etiopi ed eritrei cui i fascisti italiani, più di ottant’anni fa, con i gas e le bombe incendiarie hanno fatto strage dei loro parenti inermi, uccidendoli in misere dimore di quei lontani paesi».
E ancora: «La Resistenza, della quale oggi ricordiamo il sacrificio di nove giovani partigiani del Pordenonese, è stata in primo luogo una ribellione popolare contro la guerra scatenata dei nazifascisti, per la pace e la libertà. Ma non si sente più parlare di pace, l’argomento sembra essere rifiutato dai governanti, eppure si continua, proprio in Italia, a fabbricare armi che vengono vendute in tutti gli scenari di guerra, dalla Siria allo Yemen. Una governo che non pone a fondamento del proprio agire la pace e l’accoglienza, sta lavorando per una società senza futuro».
Sono due passaggi dell’intervento, davanti a duecento persone alle Casermette di via Molinari, di don Pierluigi Di Piazza fondatore, a Zugliano, del Centro “Ernesto Balducci”, che accoglie immigrati, profughi e rifugiati politici.
Il discorso di don Pierluigi Di Piazza, dopo la deposizione della corona di alloro per i nove partigiani fucilati – sulla cella dove alcuni di loro erano stati prima imprigionati – è stato introdotto da Mauro Bortolin, assessore di Azzano Decimo e Dorino Favot, sindaco di Prata, paesi cui appartenevano in sette. Con loro erano presenti Carlo Spagnol, sindaco di Sacile, Federica Fogolin, vicesindaco di San Vito, Renzo Dolfi e Roberto De Marchi, rispettivamente sindaco di Brugnera e Budoia. Il Comune di Pordenone ha inviato il gonfalone.
Significativi gli interventi di Anita Giabardo del Movimento Federalista Europeo, su storia e priorità dell’Europa unita, e del presidente dell’Anpi Loris Parpinel sui valori costituzionali che devono unire tutti gli italiani.
Don Pierluigi Di Piazza, durante l’orazione, rivolgendosi ai parenti dei caduti della Resistenza e a tutti i presenti ha ricordato, uno a uno, i nove partigiani fucilati il 14 gennaio 1945: Davide D’Agnolo “Attila”, operaio 23enne di San Martino al Tagliamento, Pietro Pigat “Tom”, 29 anni, contadino di Azzano Decimo, Edoardo Ruffo “Edo”, 18 anni, venditore ambulante a Zoppola. Elli Vello “Fulmine” aveva un anno in più, era contadino ad Azzano Decimo come Rinaldo Azzano “Dante”, 23 anni. Ferruccio Gava “Tigre”, della stessa età, faceva l’operaio a Prata, Olivo Chiarot “Leo”, medaglia d’argento al valor militare, azzanese di 23 anni, era agente di pubblica sicurezza, Giacobbe Perosa “Sgnappa”, 32 anni, faceva il muratore ad Azzano e Agostino Mestre “Pedro” – croce al valor militare – ad Azzano gestiva una gelateria.
Di Piazza ha concluso condannando il neofascismo e l’attuale contesto di indifferenza – accondiscendenza, ricordando gli orrori dei campi di sterminio nazisti, raccontati nel museo della deportazione, allestito dall’Aned alle Casermette, dove si conservano i pezzi di sapone ricavati dalle ceneri dei forni crematori. —
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