L’Aids avanza: cinque morti in un anno

A Udine 140 malati, 500 sieropositivi Isolati casi di sifilide anche fra i 16enni
Di Alessandra Ceschia

Mezzo migliaio di pazienti Hiv positivi e 140 malati di Aids. Va anche peggio per le altre malattie sessualmente trasmissibili, visto che le diagnosi di herpes genitale, clamidia e sifilide si susseguono. In questo caso, però, è difficile azzardare dei numeri. «Anche fra i ragazzi di 16 e 17 anni abbiamo diagnosi di sifilide» ammette il direttore della Clinica di malattie infettive del Santa Maria della Misericordia di Udine Matteo Bassetti.

I dati sulla diffusione dell’Hiv sono tuttaltro che rassicuranti. Le diagnosi, infatti, sono in aumento nonostante l’opera di sensibilizzazione e, in un terzo dei casi, sono tardive. Il 2016 ne ha registrate una trentina, in linea con l’anno precedente» tira le somme. Erano 28 nel 2014, 24 nel 2013 e 14 l’anno precedente. E si tratta di diagnosi che, in gran parte, non coinvolgono soggetti considerati “a rischio”, ma eterosessuali dai 20 ai 40 anni che non fanno uso di droghe. La fisionomia dei pazienti sta cambiando: solo in minima parte si tratta di omosessuali e solo il 10 per cento dei malati è costituito da tossicodipendenti. Il 65% è rappresentato da maschi, in maggioranza italiani e l’età media si attesta sui 46 anni. I principali fattori di rischio restano i rapporti sessuali non protetti, oggetto di contagio per gran parte dei malati.

È un trend che prosegue purtroppo da tempo. Analizzando l’andamento dalla metà degli anni Ottanta, c’è stata una crescita importante fino al 1993, poi un decremento e quindi, dal 2009 in poi, una nuova inversione di tendenza. Purtroppo, accade anche oggi che vegna formulata la prima diagnosi in casi di Aids conclamata, e questo significa che ci si sottopone al test solo in presenza di alcuni sintomi. Un atteggiamento grave - sottolinea l’infettivologo - oltre che stupido». Non ha, infatti, molto senso evitare di sottoporsi al test per “paura” di aver contratto l’Hiv, lasciando così campo libero all’infezione. Tra le nuove diagnosi, quasi un terzo presenta un numero di linfociti Cd4 inferiore a 200, un valore molto basso che indica l’inizio della compromissione del sistema immunitario e l’accesso alle infezioni opportunistiche e quindi all’Aids. «Oggi disponiamo di una trentina di farmaci anti Hiv che lavorano efficacemente» assicura Bassetti. Eppure, di Aids si muore in Friuli, oggi più che in passato, stando ai dati statistici. Tre le vittime nel 2015. «In tutti e tre i casi le diagnosi sono state tardive» constata Bassetti. Lo scorso anno è andata anche peggio e ci sono stati cinque decessi. Non resta quindi che la via della prevenzione che presuppone una corretta informazione. I comportamenti a rischio vanno quindi evitati, in caso contrario il test, assolutamente anonimo è il metodo migliore per avviare controlli periodici. Nei pazienti sieropositivi vengono monitorati i valori dei CD4 che costituiscono le difese immunitarie. E quando la conta scende al di sotto dei 500, deve essere attivata una terapia antiretrovirale.

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