L’Africa dei Tuareg espressa in parole, musica e immagini

Gran finale, ieri sera, a Pnbox, con il cous cous preparato dai Tuareg pordenonesi – l’unica comunità presente in Italia, con una quarantina fra adulti e bambini – per la quarta edizione del festival...
FOTO MISSINATO - EX CONVENTO SAN FRANCESCO MUSICA
FOTO MISSINATO - EX CONVENTO SAN FRANCESCO MUSICA

Gran finale, ieri sera, a Pnbox, con il cous cous preparato dai Tuareg pordenonesi – l’unica comunità presente in Italia, con una quarantina fra adulti e bambini – per la quarta edizione del festival “Raccontare il deserto - Tinawen Tenere, l’Africa dei Tuareg e d’altre culture” organizzato dall’associazione Via Montereale con Mondo Tuareg, Pnbox, Comune di Pordenone, Fondazione Crup e Bcc Pordenonese. Nel segno dell’integrazione, dello scambio, della conoscenza e del rispetto reciproco, sono stati numerosi i pordenonesi che sera dopo sera si sono ritrovati nel convento di San Francesco, in città, per un viaggio «alla scoperta di una cultura sempre sussurrata», sottolinea con soddisfazione Ludovica Cantarutti, presidente dell’associazione Via Montereale, che ha fatto della differenza e della ricchezza che scaturisce dalle diversità la sua bandiera.

Particolare successo hanno riscosso le serate musicali, a testimonianza di come la musica sia sempre strumento privilegiato di unione fra i popoli: dalla performance di Sidiki Camara, uno dei più grandi percussionisti del Mali, che ha fatto ballare il pubblico nel chiostro del convento, alla musica del marocchino Mohamed Mallal, artista a 360 gradi, impegnato nella diffusione della cultura berbera, una delle più antiche dell’Africa, serata organizzata con l’associazione Carlo Cattaneo presieduta da Riccardo Piccinato. Approfondimenti politici, sociali e culturali sono stati possibili grazie alla conferenza dell’esperto in civiltà islamica Lorenzo Declich o ai film: quello sul Congo del giovane regista senese Antonio Spanò, intitolato “Animal Park”, e “Timbuctu” per la regia di Abderrahmane Sissako. Spazio anche alla poesia del senegalese Leopold Sedar Senghor, considerato il più grande poeta africano del Novecento, interpretata da Carla Manzon e Gianpaolo Listo (percussioni), ma non meno suggestive sono state le danze: Gialal ad-Din Rumi, padre della danza sufi, era presente nel programma con l’esibizione, coordinata da Viviana Piccolo, degli allievi di 99 mq di Pordenone, mentre “Storia del secondo calender”, tratto dalle “Mille e una notte” a opera di Elisa Santarossa, è stato portato sul palco dalla danzatrice orientale Miriam Balbo e dal gruppo Al-Rabei’a. E più di qualche volta, a fine serata, il tè preparato e offerto secondo gli usi dei Tuareg: un momento di condivisione e amicizia che ha suggellato il successo del festival.

Cristina Savi

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