La vecchia colonia cade a pezzi

CAORLE. La colonia marina di Pordenone, dove generazioni di pordenonesi trascorrevano le ferie, è abbandonata al più assoluto degrado. La struttura di Falconera a Caorle, già in stato d’abbandono, è stata ulteriormente danneggiata dalle forti raffiche di bora e ora cade a pezzi.
Il Comune di Pordenone l’aveva ceduta per finanziare l’acquisto e la ristrutturazione di Palazzo Badini quando quest’ultimo era stato destinato all’Università.
Pietro Soligon, imprenditore di Spilimbergo e legale rappresentante della società proprietaria dell’edificio, la Solfin, spera che il 2015 possa essere l’anno della svolta.
«Realizzeremo lavori» ha assicurato, anche se il sogno di realizzare le terme, dopo gli esperimenti condotti su indicazione dello stesso imprenditore, è sfumato. A 500 metri non è, infatti, stata trovata acqua termale e la ricerca fino a mille è impossibile per l’assenza di risorse.
Grazie al nuovo Piano assetto del territorio, il Pat, che sostituisce il vecchio piano regolatore, la Solfin intende investire per rimodernare la struttura e far rivivere la colonia Pordenone, ma gli scatti giunti in redazione sono molto eloquenti.
Nel 2011 si scoprì, attraverso internet, che in quel sito abbandonato si prendeva parte a giochi di guerra. Oggi una “fessura” ricavata nel cancello principale, quello che si affaccia su via Torino, nella zona di Falconera, dove termina Lungomare Trieste sulla spiaggia di Levante, lascia libero accesso alla struttura.
Di fronte al cancello c’è la colonia Bruno e Paola Mari, della diocesi di Vittorio Veneto, ancora attiva. Un paragone risulta avvilente. Alla decadente colonia di Pordenone la chiusura dell’ingresso principale è assicurata attraverso una catena chiusa da un lucchetto. Di fronte c’è una piccola struttura, una specie di dependance riconvertita a deposito attrezzi.
Può essere considerata una casetta di fortuna, o un luogo dove rifugiarsi se non si ha una casa. Lungo il perimetro ci sono dappertutto vetri rotti. La piscina è ora un vecchio rudere vicino a cui le erbacce hanno da tempo preso il sopravvento. Nell’area si può accedere facilmente dalle colonie vicine, o dalla sede dei Padri Stimmatini, molto frequentata d’estate.
Non ci sono barriere, chiunque da qui può entrare. Dal retro, ci si affaccia sul mare. Attorno, materassi bruciati e stanze abbandonate, già in passato luogo di ritrovo anche per riti poco chiari.
Ma Pietro Soligon mantiene l’ottimismo: «Possiamo adeguarci al nuovo piano di assetto territoriale, che ha stabilito i paletti entro cui possiamo lavorare. Con il nuovo Pat del Comune di Caorle abbiamo le chiavi per la soluzione del problema» sostiene a tutt’oggi Soligon, che conclude: «Realizzeremo sicuramente una struttura ospitale. Un albergo? Non lo so. Di sicuro non faremo le Terme. Sotto, non c’è acqua termale».
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