La storia come un romanzonei libri di Lord Hugh Thomas
di Mario Turello
Hugh Thomas, lo storico inglese (è nato a Windsor nel 1931) che la giuria del trentaquattresimo Premio Nonino ha acclamato «maestro del nostro tempo» (la cerimonia si svolgerà sabato 31 gennaio, a Ronchi di Percoto), dal 1981 siede alla Camera dei Lords col titolo di barone di Swynnerton, conferitogli dal primo ministro Margaret Thatcher, di cui egli fu consigliere in veste di direttore - dal 1979 al 1991 - del Centre for Policy Studies, il centro di studi sugli affari esteri. A ogni viaggio della Lady di Ferro, Thomas preparava delle note storiche sui Paesi che il premier si accingeva a visitare, ma ammette - non senza autoironia - di ritenere che mai i suoi consigli siano stati seguiti.
Dopo gli studi a Cambridge e alla Sorbona, Thomas iniziò la sua carriera al Foreign Office, dove dal 1954 al 1957 ebbe l’incarico di studiare le questioni del disarmo atomico, ma preferì poi dedicarsi all’insegnamento, presso l’Università di Reading, e alla storiografia. Nel 1961 uscì la sua prima opera, la monumentale
Storia della guerra civile spagnola
(tradotta in Italia due anni dopo per Einaudi) che riscosse un successo mondiale e che, proibita allora da Franco, oggi anche in Spagna è considerata la più autorevole.
Nello stesso 1961 Thomas si recò all’Avana col proposito di scrivere un breve libro sulla rivoluzione castrista, da poco affermatasi, ma ben presto sentì l’esigenza di approfondirne il contesto storico, politico e sociale, risalendo sino al 1762, anno della prima conquista anglosassone dell’Avana. La storia di Cuba fu pubblicata nel 1971, dopo dieci anni di ricerca per ricostruire in millecinquecento pagine due secoli di storia cubana attraverso una miriade di documenti, ma anche, per l’attualità, attraverso le testimonianze “dal vivo”, addentrandosi in una sorta di «terra di nessuno fra la storia, la politica, la sociologia e il giornalismo». Come tutti i libri di Thomas, anche
La storia di Cuba
ha suscitato apprezzamenti e polemiche: queste ultime soprattutto per l’interpretazione che lo studioso dà della rivoluzione, vista come impresa di pochi capi, con scarso coinvolgimeno - e sconvolgimento - delle masse.
Tra i pregi indiscussi dell’opera, l’attenzione ai contesti internazionali che condizionarono la storia dell’isola, e l’analisi dei dati economici e sociali, in particolare quelli riguardanti la società schiavista e il suo funzionamento. Allo studio del fenomeno dello schiavismo, e in particolare alla tratta dei negri, Thomas dedicò poi quasi trent’anni, producendo un altro monumento storiografico,
The Slave Trade: The History of the Atlantic Slave Trade 1440–1870
, pubblicato nel 1997 e purtroppo non ancora tradotto in italiano.
È soprattutto questa l’opera che gli è valsa il Premio Nonino: «Il riconoscimento di quest’anno - recita la motivazione della prestigiosissima giuria - è in modo particolare per quello che deve certamente essere considerato il suo capolavoro:
Il commercio degli schiavi
. Si tratta di un lavoro immenso, classico nelle sue ambizioni, che cerca di fare esattamente quello che il titolo dice: non è niente di meno che il resoconto del commercio degli schiavi dal quindicesimo al diciannovesimo secolo. Noi tutti pensiamo di conoscere il commercio degli schiavi, ma questo grande storico, a suo agio in molte culture, ha viaggiato nei documenti e ha riportato un’opera affascinante. La storia dovrebbe essere dolorosa da leggere, e lo è, ma Lord Thomas ha una luce magica e un tocco umano che rendono la storia accessibile».
Cominciando dagli ultimi apprezzamenti, va detto che tutti riconoscono ai libri di Thomas un carattere piacevolmente narrativo, ma non tutti lo considerano opportuno; gradito al lettore comune, esso sembra agli addetti ai lavori poco consono all’interpretazione che comunque uno storico deve proporre dei fenomeni studiati. Certamente la componente aneddotica, la presentazione di pittoresche figure - anche femminili - di negrieri, la vividezza della descrizione della terribile traversata atlantica eccetera contribuiscono alla riumanizzazione della storia della tratta, ma alcune questioni rimangono inevase, o eluse. Quella, a esempio, delle conseguenze della deportazione di undici, forse tredici milioni di persone sulla demografia dei paesi africani coinvolti dal commercio degli schiavi e sullo stesso processo di incivilimento dell’Africa. Né, ancora, Thomas dà ragione del suo rifiuto della teoria di Eric Williams, ex primo ministro di Trinidad e a sua volta storico, secondo il quale i profitti del commercio degli schiavi finanziarono la rivoluzione industriale europea: una tesi che costituisce il principale argomento agitato dai movimenti che reclamano per l’Africa il risarcimento da parte dei paesi arricchitisi con la tratta.
Resta comunque grande il merito di Thomas per aver fatto giustizia di molti luoghi comuni relativi allo schiavismo - fenomeno antichissimo e universalmente diffuso, approvato e incoraggiato persino della Chiesa (bolla
Dum diversas
di papa Nicola V, 1452) - e alla tratta, che vide corresponsabili i potentati africani quanto gli stati europei. Importante è anche la ricostruzione del lento, troppo lento affermarsi delle idee abolizioniste, e del persistere illegale dello schiavismo anche dopo l’abolizione. C’è da sperare che il Premio Nonino solleciti i nostri editori a tradurre
The Slave Trade.
Intanto delle doti di Thomas possiamo avere un saggio leggendo
I fiumi dell’oro
, edito nel 2006 da Mondadori. La predilezione di Thomas per la Spagna (che ama da quando nel 1955 restò incantato dalla «straordinaria luce» di Antequera, un paese dell’Andalusia) lo ha indotto ad affrontare un altro colossale impegno: la storia dell’impero spagnolo, di cui il ponderoso
Rivers of Gold
costituisce il primo periodo, quello dell’ascesa.
I fiumi dell’oro
, che è stato paragonato alle grandi opere ottocentesche di Prescott (
La conquista del Messico
,
La conquista del Perù
) e si legge come un appassionante romanzo (un critico malevolo ha detto che questo è un romanzo, e che la storia va cercata altrove!), ricostruisce, con incredibile ricchezza di dettaglio, le imprese di esploratori, colonizzatori, missionari e governatori nei decenni della Conquista. Anche in questo caso a Thomas sono stati mossi degli appunti, tra i quali quello di non aver dato sufficientemente voce agli indios: ed effettivamente, ciò che non gli è stato possibile per le vittime della tratta, lo sarebbe stato per le vittime della Conquista.
Altri saggi ancora di Thomas restano da tradurre, e pure tre romanzi, ma soprattutto pregustiamo
Beaumarchais in Seville
, un breve libro del 2006 che racconta le tribolazioni in Spagna di Pierre Augustin Caron de Beaumarchais, in viaggio a Madrid nel 1764 per piazzare nel letto del re Carlo III una delle sue amanti. Nacquero durante quel viaggio
Il barbiere di Siviglia
e
Il matrimonio di Figaro
.
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