La slavina a Sella Nevea, parla l’esperto: "Il grande freddo ha indebolito il manto nevoso"

UDINE. Un pericolo subdolo. Perché il bel tempo e la scarsità di precipitazioni nevose «lascerebbero pensare a una situazione di rischio minimo». Invece, sabato mattina dal gruppo del Canin, tra il Golovec e sella Prevala, si è staccato un fronte di 200 metri, che ha travolto Michele Fedele e Cristian Chiavedale, trovati vivi sotto la neve.
Le condizioni meteorologiche dei giorni scorsi hanno favorito il distacco del fronte. La slavina che ne è conseguita è stata causata «dalla creazione di quelli che vengono definiti lastroni da vento», formati proprio dalle correnti piuttosto forti che hanno interessato la zona del Canin nella notte tra venerdì e sabato.
A confermarlo è l’esperto Sergio Buricelli, tecnico nivologo del Servizio valanghe della Regione Fvg. Che ieri, assieme a due colleghi, è arrivato a ridosso della zona della valanga, per effettuare una serie di misurazioni, come puntualmente avviene in caso di incidenti simili a quello accaduto nella mattinata di sabato.
Come si forma una slavina
Il bollettino valanghe della Regione, pubblicato venerdì scorso, aveva indicato chiaramente per l’area del Canin «la possibilità di valanghe spontanee, anche di medie dimensioni, lungo i percorsi abituali in forte pendenza. Il distacco provocato, nelle zone di accumulo sopra i 1.800 metri, potrà avvenire con debole sovraccarico».
Perché? «Tra venerdì e sabato sono caduti in quota 40 centimetri di neve – spiega Buricelli –. I venti piuttosto forti hanno poi contribuito a creare accumuli sulle creste e nei canali, originando quelli che vengono definiti appunto lastroni da vento.
A quel punto, lo strato che si viene a creare non lega con lo strato preesistente: tra i due strati si crea un’interfaccia debole e, con un certo sovraccarico, una sollecitazione esterna può provocare il distaccamento di un fronte».
Le temperature rigide delle scorse settimane non hanno portato al compattamento del manto nevoso: «Contrariamente a quello che si può immaginare, il grande freddo non consolida il manto, ma lo indebolisce, favorendo la ricristallizzazione della neve e la creazione di una superficie di slittamento.
Volendo usare una metafora comprensibile, la stratificazione è come una pasta diplomatica, fatta di strati diversi: ci sono interfacce deboli e forti che mantengono unito il fronte, e può accadere che uno strato debole si stacchi, originando una slavina», indica Buricelli.
Il controllo in quota
Tre tecnici del Servizio valanghe del Fvg hanno raggiunto l’area del Canin interessata sabato dalla slavina, a 2.100 metri d’altezza, effettuando una serie di controlli, durati oltre due ore e mezza. Per ragioni di sicurezza, il monitoraggio è avvenuto a distanza di sicurezza dal punto esatto in cui è caduta la valanga.
Coadiuvati da due finanzieri del Soccorso alpino delle Fiamme gialle, i nivologi hanno effettuato i test che normalmente vengono messi in campo in queste situazioni. Al termine, i dati sono stati elaborati con un apposito software nella sede del Servizio, a Udine, confermando la validità delle indicazioni riportate nel bollettino di venerdì scorso.
Il monitoraggio
L’attività di controllo è puntuale e serve anche a formulare le indicazioni riportate sul bollettino trisettimanale delle valanghe. In particolare, i tecnici eseguono una prova penetrometrica, per calcolare la resistenza del manto nevoso. Vengono poi monitorate la profondità del manto, la tipologia dei cristalli e il peso della neve.
Test che servono a valutare anche come il manto nevoso reagisce a sollecitazioni esterne: per lo scorso fine settimana, l’analisi dei tecnici del Servizio valanghe della Regione Fvg aveva stabilito un grado di pericolo previsto marcato (terzo su una scala di cinque), con la possibilità di valanghe spontanee e distacco provocato da lastroni soffici.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto