La rabbia di Tony Valeruz:queste polemiche sono ridicole

di
Luigi Bolognini

TRENTO.
Quando viene a sapere delle frasi di Bertolaso, Tony Valeruz, 58 anni, alpinista, re dello sci estremo, non ci pensa un secondo. E sbotta: «Mi fa ridere».


- Non condivide lo sfogo di chi è stufo di vedere soccorritori morire per degli sprovveduti?

«Condividerei se Bertolaso facesse quel che dovrebbe fare: spende milioni di euro per la Protezione civile, ma non trova i soldi per dotare il soccorso alpino di apparecchi per il volo notturno. In Svizzera ci sono, lì queste persone non sarebbero morte. Anche chi può agire e non agisce ha responsabilità».


- Però l´imprudenza pesa, non lo può negare.

«I due morti sul Pordoi se la sono letteralmente andata a cercare. Di certo, però, i quattro soccorritori travolti mentre li cercavano cosa potevano fare? Rifiutarsi di intervenire? In teoria si potrebbe dir di no, se la missione è troppo rischiosa, ma con che conseguenze? E poi in questi casi prevale l´indole, la voglia di aiutare chi è in difficoltà».


- Allora, come se ne esce?

«Con corsi che insegnino a conoscere la neve e la montagna. Solo che per essere veri e seri dovrebbero durare mezza vita. Perché ci sono cose difficilissime da insegnare, specie a gente di città: prudenza e istinto. Doti con cui sono sempre uscito vivo dalle mie imprese».


- Ma non serve anche la tecnologia? I due dispersi non avevano l´Arva, la trasmittente che segnala la propria posizione in caso di valanghe.

«Per carità: l´Arva è un apparecchio crea-morti. Uccide più persone di quante ne salvi: chi ce l´ha spesso diminuisce le norme di prudenza e si lancia nel pericolo. Esattamente come l´attrezzatura alpinistica, chiodi, corde e compagnia bella: se non la si usasse morirebbero meno scalatori. L´istinto va allenato, e questi attrezzi lo impigriscono».

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