La pietra piasentina e il lungomare scoppia la polemica

Lignano: per il consorzio il materiale usato non è quello originale Il Comune replica: nessuno ha l’esclusiva sul prodotto da usare
Lignano 28 Marzo 2018 lungomare Agenzia Petrussi foto Massimo Turco
Lignano 28 Marzo 2018 lungomare Agenzia Petrussi foto Massimo Turco

LIGNANO. Per il consorzio produttori pietra Piasentina la pietra utilizzata per la riqualificazione del lungomare Trieste «non è quella locale delle valli ma un materiale di non meglio precisata provenienza». Per la direzione lavori dell’opera con cui si sta riqualificando la via simbolo della località «si tratta di una pietra che ha le stesse caratteristiche della pietra piasentina, ma che non chiameremo Piasentina perché proviene da fuori regione». Il consorzio però non ci sta. «Il lungomare Trieste sta rapidamente cambiando pelle grazie al maxi-cantiere che interessa due chilometri di strada – dichiara il presidente Gianni Guerrino Bini –. Un cambio pelle che però non rispetta il progetto. Stanno posando un altro materiale che è diverso da quello previsto dal progetto. La difformità ci è stata segnalata e abbiamo voluto fare chiarezza. La pietra non è la nostra e vogliamo che ci dicano quale è il materiale utilizzato». Un doppio danno a sentire il consorzio. Economico da un lato, d’immagine dall’altro perché «l’opera da 20 milioni di euro avrebbe potuto portare una boccata d’ossigeno alle imprese che cavano e lavorano la Piasentina e che sono invece rimaste inspiegabilmente escluse». «In attesa di spiegazioni – prosegue Bini – le imprese estrattive, supportate da Confartigianato-Imprese Udine e da Confapi Fvg a cui aderiscono, hanno chiesto di provvedere al ripristino del cartello informativo dedicato all’opera con l’indicazione corretta del materiale utilizzato, e di avere un campione per farlo analizzare a proprie spese ed eliminare ogni dubbio sulla provenienza». Dopo anni di crisi economica, quello di Lignano poteva essere un palcoscenico «di rilancio per la pietra nostrana, apprezzata da tanti architetti nel mondo ma spesso sottovalutata, se non denigrata, in casa propria». Il timore dei produttori, infine, è quello che «a Lignano possa verificarsi in futuro un problema alla pavimentazione del lungomare realizzata con un altro materiale e che il problema venga erroneamente imputato alla Piasentina».

La direzione lavori dell’opera non ci sta a queste accuse. «Si tratta di un lavoro pubblico – spiega il geometra Samuele Gialuz –. In progetto abbiamo previsto la pietra piasentina come caratteristica tecnica. Noi possiamo indicare i prodotti alle imprese ma non obbligarle a comprare una determinata marca. L’ impresa ci ha fornito alcuni campioni di pietra avvallata dalla soprintendenza. La direzione lavori ha l’obbligo di inviarli in un laboratorio regionale per verificare le caratteristiche tecniche affinché siano uguali o superiori a quelle indicate nel progetto. Dal laboratorio, e in fase di accettazione materiali, è emerso che le qualità di questa pietra proposta dall’impresa erano superiori a quelle dichiarate dal consorzio di pietra Piasentina e conformi a quelle della pietra che doveva essere posta sul lungomare. Nei lavori pubblici non è ammesso che un prodotto abbia l’esclusiva». «La pietra che viene usata – afferma – ha le stesse caratteristiche tecniche della pietra Piasentina, e questo è certificato dalle prove in laboratorio, ma non ha lo stesso nome perché proviene da fuori regione, in Slovenia». Durante i lavori proseguono le campionature del materiale. «Solo in via Sabbiadoro – conclude – ci sono pochi pezzi di pietra diversa perché il rifacimento di questa via non era oggetto della progettazione originaria ma è una miglioria proposta dall’impresa».



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