La grande svendita delle spiagge friulane

UDINE. Le concessioni pluriennali dei litorali in cambio di pochi euro a metro quadrato rappresentano un problema, annoso, che alza polveroni e polemiche a livello nazionale praticamente da sempre con effetti che si riverberano anche in Fvg.
Chilometri di demanio pubblico adibito a finalità turistico-ricreativa che gli imprenditori ottengono pagando all’erario – italiano o regionale che sia – cifre, oggettivamente, molto basse. Basti pensare, per rendersene conto, che le concessioni demaniali valgono per lo Stato più o meno 100 milioni di euro all’anno. In Fvg, invece, la somma non supera i 2,5 milioni versati direttamente nelle casse regionali come stabilito dallo Statuto di Autonomia.
Per quanto riguarda il Fvg, in particolare, va segnalato come recentemente – alla fine del mese di aprile – il Consiglio regionale abbia approvato la legge di riorganizzazione generale del demanio marittimo e stradale al cui interno sono contenute anche le norme, e parecchie novità, per spiagge e litorali.
La legge, in particolare, prevede che le concessioni e le autorizzazioni siano soggette all’applicazione di un canone determinato attraverso un’apposita legge regionale, i cui valori vengono aggiornati, annualmente, in base all’indice Istat, sia in aumento che in diminuzione, con decreto del presidente della Regione. L’esecutivo, in altre parole, applica formalmente le prerogative statutarie per decidere, in prima persona, l’ammontare del canone, ma nel concreto, almeno fino a questo momento, si è allineato alle tariffe stabilite a livello centrale.
Queste, per il 2017, segnano una diminuzione dello 0,30% rispetto al 2016 – ed è il quarto calo consecutivo – in un range compreso tra 1,26 e 5,62 euro a metro quadrato, tenendo in considerazione anche la cifra per quegli specchi d’acqua occupati con impianti di difficile rimozione, e stabilendo che la misura minima del canone applicabile non possa in ogni caso essere inferiore a 349,29 euro.
Tenendo in considerazione che la legge del Fvg potrebbe ancora essere impugnata dal Governo – per la solita disputa sull’attribuzione delle competenze –, la norma consentirebbe anche una certa libertà d’azione alla giunta, ad esempio innalzando l’ammontare dei canoni come avviene in altri territori (vedi il Veneto).
Una possibilità, certamente, ma l’intenzione della giunta, come spiegato recentemente dall’assessore alle Finanze Francesco Peroni agli operatori di Lignano Sabbiadoro, si muove esattamente nella direzione opposta. «La scelta dell’amministrazione – aveva detto l’assessore – poggia su una ragione ben precisa che nulla ha a che fare con il buonismo: il bene demaniale non è un bene patrimoniale.
Nel demanio l’ente proprietario non ha come obiettivo quello di lucrare attraverso i canoni, ma su questo (l’abbassamento delle tariffe ndr) dovremo confrontarci con il Governo».
Parlare con Roma, dunque, prima di procedere a una sforbiciata dei canoni che risponde a una precisa finalità strategica su cui si innesta anche la nuova disciplina relativa alla durata delle concessioni. La Regione, infatti, ha deciso di aumentare il tetto massimo temporale concedibile sia per quelle di stretta pertinenza dell’amministrazione che per quelle nelle mani dei Comuni.
Nel primo caso la durata massima delle concessioni passa da 20 a 40 anni, nel secondo da 6 a 15. Sul territorio la situazione contempla l’esistenza di un misto di queste due opzioni. Prendendo in considerazione Lignano, sempre a titolo esemplificativo, ci sono 18 concessioni di competenza comunale – attualmente di durata sessenale – e 3 di “nomina” regionale con una valenza di 20 anni.
Perché? La ratio del provvedimento possiede una propria logica e cioè consentire agli imprenditori di realizzare investimenti “di peso” proprio in virtù della certezza di avere a disposizione il bene demaniale per un periodo di tempo più lungo.
I canoni, come spiegato determinati attraverso l’applicazione di tabelle statali, variano a seconda delle dimensioni. Quello annuo per la Lignano Pineta spa si aggira attorno ai 287 mila euro, per la Sil Riviera è di circa 376 mila, mentre per la Lisagest parliamo di una cifra di poco superiore al mezzo milione. Gli altri gestori, invece, si muovono in un range compreso tra i 22 mila e i 50 mila euro.
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