La frazione di Uccea isolata dal mondo: "Viverci è impossibile"

RESIA. Maria, 87 anni, passeggia sotto il sole d’ottobre. Giovanni, 77 anni, risale il pendio: è stato a verificare il prosieguo dei lavori nella strada inaccessibile. Renato di anni ne ha 71 e una grinta da vendere. Gianna apre la finestra e ci invita tutti a prendere il caffè. Siamo a Uccea, frazione di Resia, un paese con una manciata di abitanti fuori dal mondo. I temporali dello scorso agosto hanno divelto i tralicci delle linee elettrica e telefonica, migliaia di piante sono precipitate nei boschi e sulla strada regionale chiusa da quel maledetto giovedì.
E se le stanze buie sono state illuminate grazie al gruppo elettrogeno installato quasi subito dall’Enel, i telefoni sono ancora muti. «Lo scriva – ripete Maria Di Lenardo – che siamo senza telefono e che se ci sentiamo male non possiamo chiamare i soccorsi».
Se in questo angolo di Friuli incastonato tra il confine sloveno e Sella Carnizza non è mai stato facile vivere, ora l’abitare a Uccea rischia di diventare impossibile. La strada regionale è interrotta e i residenti dubitano di vederla riaprire, a senso unico alternato, a novembre come, invece, assicurano i tecnici di Fvg strade e il sindaco di Resia, Sergio Chinese.
Anche lui è salito con noi a Uccea, controlla come sta la sua gente ed effettua un sopralluogo con un’impresa boschiva austriaca interessata allo sgombero dei 6 mila metri cubi di legname fatti precipitare dalla furia del vento. «Siamo a ottobre, nessuno si rende conto che a metà novembre qui il sole sparirà e fino alla prossima primavera non lo vedremo più. La neve può arrivare da un momento all’altro e noi rischiamo di restare isolati senza neppure poter comunicare con i parenti che non sanno se siamo vivi o morti».
Giovanni Negro, un ex infermiere in pensione, ha scelto di vivere a Uccea per amore. Ha sposato Gianna Di Lenardo, 59 anni, la signora che fino a tre anni fa gestiva l’osteria. La loro è una grande casa all’entrata del paese, poco più avanti un altro gruppo di edifici delimita la zona abitata che arriva alla chiesa e alla struttura dove, ogni anno, Uccea organizza la sagra delle lumache.
Altre case sparse giacciono sotto la strada comunale dove Maria passeggia ogni giorno. Oggi questa è l’unica via che consente agli abitanti di muoversi. Ma alla prima nevicata tutto questo non sarà più possibile perché il Comune, conferma il primo cittadino, «non è in grado di mantenerla aperta». La strada è stretta, sale tortuosa sulla montagna e a tratti è senza protezione.
Aperta da aprile a novembre, pur essendo pericolosa è molto trafficata: in otto mesi sono stati rilevati 25 mila passaggi. I motociclisti tedeschi e gli amanti del parco delle Prealpi Giulie la seguono per apprezzare le bellezze della Val Resia. Ora questa strada è diventata la via di accesso anche dei pendolari sloveni che tutte le mattine vanno a lavorare a Tarcento e a Udine. Pure loro temono di non poterla più percorrere e di dover raggiungere il Friuli da Caporetto e Cividale.
In questa situazione vivono da quasi due mesi gli abitanti di Uccea. Essendo nata e cresciuta qui, Maria conosce bene questa valle. «Senza telefono non possiamo restare. A dicembre andrò da mia figlia a Campoformido. Tornerò a maggio», afferma osservando le nuove sfumature del bosco.
Non sarà così per Gianna e Giovanni, la coppia piazzata al ventinovesimo posto nella graduatoria Ater per l’assegnazione di una casa popolare a Tarcento. La coppia si prepara ad affrontare un inverno preoccupante e poco importa se entrambi sono sofferenti. «Senza telefono come facciamo? Mia moglie non guida l’auto, se mi sento male chi mi porta in ospedale? Come cittadini italiani abbiamo il diritto di avere i servizi». Giovanni ripete più volte questa frase, nei suo occhi c’è la paura di un uomo che sente calare le forze.
Il Comune aveva provato a correre ai ripari consegnandogli un telefono satellitare, ma da Uccea l’apparecchio agganciava un satellite israeliano e bastava dire «buongiorno» per farlo andare in tilt. «Basterebbe tirare un cavo telefonico volante». Giovanni insiste perché per lui che è cardiopatico anche avere le ricette mediche diventa un’impresa.
«Siamo pochi e il medico di base, da Resia, non sale fin quassù. Scendo a Tarcento da Caporetto nel giorno in cui so di trovarlo in ambulatorio. Lo contatto telefonicamente e gli elenco le medicine che mi servono. Lui compila le ricette e me le lascia in un bar sempre a Tarcento dove vado a ritirarle il giorno dopo prima di recarmi in farmacia».
Giovanni non percorre la strada comunale di Sella Carnizza: è troppo pericolosa. «Senza strada e telefono siamo fuori dal mondo». Più che a Uccea Gianna e Giovanni hanno l’impressione di vivere nel deserto: «Siamo in Italia o dove? In fondo le tasse le abbiamo sempre pagate». Come pure le bollette del telefono che continuano ad arrivare nonostante la linea sia interrotta.
È quasi mezzogiorno e davanti all’ex osteria arriva Renato Di Lenardo, l’ex ambulante che per 40 anni ha venduto scarpe al mercato di Tarvisio. È tornato a Uccea in cerca delle sue radici. «L’interruzione della linea telefonica è un grosso problema come pure la strada chiusa.
Mia mamma ha 97 anni, vive a Cassacco, e per sapere come sta devono andare a telefonare in Slovenia. Oltre confine la linea si prende sempre, mentre qui anche prima del maltempo i problemi con il telefono non sono mancati». Renato alleva galline, conigli e anatre e da Uccea non se ne vuole andare. «Non credo nelle promesse di Fvg strade. Se vanno avanti con questo ritmo a novembre difficilmente la strada regionale sarà percorribile». Renato avrebbe gradito essere coinvolto nella decisione di chiudere la strada. «Qui si vive andando avanti e indietro come si può e se qualcuno sta male bisogna lasciarlo morire».
Da queste parti regna lo scetticismo, tutti si rifiutano di fare appelli. Troppe promesse, in passato, sono cadute nel vuoto.
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