“La forma dell’acqua” trionfa nella notte degli Oscar - Il commento

Quattro le statuette del film di Guillermo del Toro che si presentava con 13 nomination. Una statuetta a “Chiamami col tuo nome”

Oscar, vince 'La forma dell'acqua': quattro statuette al film di Guillermo Del Toro

L’America si è passata una mano sul cuore raccogliendo la forza per tradire l’istinto, che in novant’anni quasi mai ha assecondato la parte sognante dell’umanità, preferendo il lato oscuro.

L’Academy aveva ben nove film davanti agli occhi e tutti di gran fattura. Alla fine dello spoglio ne sono rimasti due: La forma dell’acqua di Gulliermo Del Toro e Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh, con validi outsider Dunkirk di Christopher Nolan e l’originale Get Out di Jordan Peele.

Oscar, vince la "Forma dell'acqua". Oldman il miglior attore, Frances McDormand migliore attrice

È andata come sapete. Il mostro marino, molto meno mostro di tanti mostri in giacca e cravatta, ma più mostruosamente mossi dalla crudeltà, è apparso come un possibile salvatore di coscienze, dell’impossibile che diventa possibile, di un amore che non sta in terra, eppure di dolcissima sensibilità.

Oscar 2018, tutte in piedi per Frances McDormand: il discorso strappa un'ovazione

I Tre manifesti appartengono al sociale ben mascherato da black drama, feroce e severo nel mostrare senza inibizioni la battaglia di una donna per la giustizia in un Paese, il Missouri, rimasto anni luce indietro nell’integrazione fra bianchi e neri. Scelta romantica, non v’è dubbio.

E che dire dell’Oscar a Kobe Bryant per il miglior corto animato? Nel 2003 il mitologico cestista dei Lakers fu accusato di stupro da un cameriera di un hotel di Park City. Dov’è finita la fermezza dei senatori del cinema contro la violenza? Mah.

Oscar 2018, il discorso nella lingua dei segni emoziona: Rachel lo dedica alla bambina sorda


«Sono un immigrato come Selma, come Gael, come Alejandro - ha detto il messicano Del Toro con la statuetta per il miglior regista stretta in un pugno e quella del miglior film, nell’altra - credo che cancellare le linee di sabbia, mentre il mondo insista nel tracciarle, sia la cosa bella del nostro mestiere. Felice che qualcuno abbia creduto nell’amore fra un uomo anfibio e una donna muta».

Oscar 2018, Jennifer Lawrence prende in giro Emma Stone e lei non la prende bene


L’Italia s’è desta nella categoria della upper class del cinema, non lo faceva dai tempi de La vita è bella di Benigni, ed era il 1999. Chiamami col tuo nome, di Luca Guadagnino delle quattro nomination una soltanto si è tramutata in oro: la miglior sceneggiatura non originale, firmata dal novantenne James Ivory.

Pellicola agreste alla Rohmer e trasgressiva a Bertolucci. Guadagnino omaggia il passato per un’iniziazione sessuale nelle campagne toscane. A molti è scappata la parola capolavoro. Abbiamo la convinzione che l’omosessualità costituisca, purtroppo, ancora un’eccezione nel cinema, qualcosa che vada protetto in qualche modo.

A dir male si rischia di passare per omofobo. Non l’abbiamo affatto identificato come tale, è un film che senza il proibito apparirebbe persino noioso.

Come previsto gli Oscar ai migliori attori sono andati dove si pensava andassero: all’insuperabile Churchill di Gary Oldman ne L’ora più buia e alla magnetica Mildred di Frances McDormand dei Tre manifesti.

Scontato l’alloro del non protagonista a Sam Rockwell, sempre della banda dei manifesti, la redenzione dello spietato poliziotto Jason e anche quello ad Allison Janney per Io, Tonya, era assai chiacchierato. Onore alla McDormand, ma Elisa, la ragazza muta di Sally Hawkins, ci resta nel cuore.

Spiccioli per gli altri, si gioca in tanti e si vince in pochi, non si sfugge. Però zero tituli al The Post di Spielberg (e che dire di Lady Bird? una débâcle) equivale a un quasi fine corsa del regista hollywoodiano più celebrato del Novecento.

Passi per la coppia Hanks/Streep, onorati a dovere per i loro migliori guizzi, ma l’anima libera che celebra la libertà di stampa anche a costo della vita (professionale) è un invito prezioso nel marasma confuso della comunicazione d’oggi.

Il Dunkirk di Nolan, il film speculare a L’ora più buia, sarà ricordato come il miglior montaggio, che forse è l’aspetto che più stizzisce di quest’opera che usa la poesia e l’umanità per raccontare la guerra. L’atterraggio senza benzina dell’eroico pilota sulla spiaggia francese è la sequenza più emotiva dell’anno.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto