LA FONTANA FRANCESE IN VIA DEL MAGLIO
di PAOLO MEDEOSSI
Con questo caldo parlare di acqua può essere un piccolo sollievo. Facile farlo ai giorni nostri, era molto più complicato una volta, tanto più in una città come Udine che non disponendo di fiumi o di grossi depositi idrici ha avuto sempre difficoltà nell'approvvigionamento dovendo ricorrere all'acqua piovana, raccolta in stagni o cisterne (famose quelle dette “alla veneziana”), all'acqua recuperata da falde freatiche tramite pochi pozzi profondi oppure all'acqua superficiale lasciata scorrere nei due canali artificiali chiamati rogge, i cui primi ricordi risalgono al 1171. A svelarci queste notizie è uno storico dell'acqua (ma anche del gas e dell'elettricità), Agostino Peressini, che in un articolo sulla rivista Arredo&Città ha narrato pure la vicenda della fontana francese arrivata a Udine a metà Ottocento. Pagina singolare che a chi è rimasto in città in questo periodo può fornire lo spunto per una gitarella in bici alla ricerca appunto del “tempo perduto”. E spieghiamo il perché.
Nel giugno del 1858 l'acqua che sgorgava a Lazzacco, frazione di Pagnacco, venne portata in città grazie a una conduttura di ghisa che rappresentava un nuovo tentativo dopo quello fatto nel Cinquecento con tubi di cotto e che non funzionò a dovere. C'era la necessità di alimentare le due fontane di piazza Libertà e piazza San Giacomo più altre 50 fontanelle distribuite nei quartieri. La disponibilità pro capite giornaliera era di circa 20 litri d'acqua e come modello venne scelto quello sperimentato nella città francese di Digione. La decisione fu presa dall'ingegner Giobatta Locatelli, progettista del nuovo acquedotto, che era rimasto incantato sfogliando un libro edito a Parigi nel quale un certo Henry Darcy, ispettore generale di ponti e strade, aveva spiegato quanto era stato fatto nella sua città natale. Locatelli, nel frattempo divenuto a Udine ingegnere municipale, scrisse al dipartimento dove si trova Digione e il 12 giugno 1857 si fece mandare in prova due “borne-fontaines”. La prova venne superata e tre mesi dopo il Comune firmò un contratto per una fornitura di 50 fontane dello stesso tipo, ma la commessa venne fatta non ai francesi, bensì alla fabbrica di sua altezza Carlo Guglielmo principe d'Auersperg, a Hof, in Illiria. L'episodio, nel suo piccolo, conferma insomma che se alle volte i francesi si lamentano di noi italiani non hanno sempre tutti i torti...
Il modello digionese venne un po' cambiato dai tedeschi e al posto della D con lo stemma della città francese fu messo lo scaglione sormontato da corona e cavallino rampante, simbolo di Udine. Quando le 50 fontane arrivarono in città suscitarono grande interesse e infiniti commenti attorno alle diavolerie in ghisa provviste di “pomolo compressore” da spingere per far sgorgare il liquido senza fatica. E, come sempre, non mancò chi criticò l'iniziativa dicendo che era meglio continuare a usare pozzi o cisterne. Ci furono anche episodi di vandalismo per cui il Comune dovette creare la figura del fontaniere che aveva il compito di fare le riparazioni.
Per ora finiamo qui il racconto che, grazie alle ricerche di Peressini, propone però mille altri rivoli. Intanto ecco un piccolo suggerimento ai più curiosi. Delle due fontane giunte da Digione ne è rimasta ancora una, in via del Maglio. Piccola, timida, abbastanza nascosta. E' attaccata al muro vicino a una casa disabitata con la scritta “Viva Verdi”.
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