La fidanzata incinta in lacrime: «Me l’hanno ammazzato»

Conegliano, la reazione della compagna dell'immigrato morto dopo essere stato fermato perché protestava

CONEGLIANO. «Me l'hanno ammazzato». E’ in ginocchio Erika, in lacrime, lì dove è morto il suo ragazzo. La fidanzata di Donald Fombu, il camerunense deceduto lunedì pomeriggio durante un inseguimento con la polizia, ha deposto un mazzo di margherite bianche e un cero di Padre Pio, con un biglietto scritto in inglese.

La pordenonese ha 18 anni: «Io sono la sua ragazza, sono incinta di tre mesi, la polizia sapeva che ero incinta», ripete distrutta dal dolore, «l'hanno ammazzato, dovete scrivere che ero incinta, perchè lo sapevano».

Anche gli amici di Babaja conoscevano la situazione, il trentenne camerunense aveva fatto sapere agli amici che sarebbe diventato papà. Il bimbo che porta in grembo porterà il suo nome.

«Riposa in pace amore mio», ha scritto nel biglietto d'addio Erika, «crescerò questo bambino per te, il suo nome sarà Donald. Mi manchi amore mio, sto pregando per te, ti amo».

La ragazza è stata accompagnata a Conegliano dalla mamma, che la vuole proteggere. Vicino al biglietto e ai fiori della fidanzata, gli amici di Babaja hanno deposto tante candele. Ieri diversi connazionali del camerunense sono tornati sul luogo della tragedia.

«Faremo una manifestazione per chiedere giustizia in ricordo di Babaja», spiega Marie Paule, una delle rappresentanti della comunità africana. Sarà una manifestazione pacifica, in cui saranno invitati a partecipare tutti i camerunensi del coneglianese, oltre a chi conosceva Donald Fombu.

L'intenzione è di realizzare un corteo e bloccare via Manin. Un anticipo si è già avuto lunedì sera, quando una cinquantina di persone è andata a manifestare davanti al commissariato di polizia. Si attende anche l'arrivo dei suoi familiari dall'estero.

Un fratello è un soldato della marina americana, mentre un'altra sorella abita a Londra. Verrà inoltre organizzata una colletta per riportare la salma in patria, dove si svolgeranno le esequie.

Per i camerunensi è tradizione aiutarsi nel caso di un decesso, raccogliendo fondi per poter così organizzare la sepoltura nella terra d'origine. Donald Fombu era originario di Limbe, una città grande come Treviso, sulla costa sud del Camerun.

«Alle 14 era con noi in via Vital, nel nostro negozio», racconta William gestore dell'attività che vende prodotti etnici, «era tranquillo». Non è chiaro cosa fosse andato a fare in via Manin, dove secondo alcuni abitava ancora, mentre secondo altri aveva alloggiato in passato.

Alcuni residenti in zona hanno riferito che inveiva e urlava verso gli appartamenti sopra al Safari club, come se avesse qunalche conto in sospeso con qualcuno che abita lì. Sempre da quel palazzo, secondo quanto dicono i rappresentanti della comunità camerunense, un loro connazionale avrebbe assistito al fermo.

«Ma non vuole testimoniare», spiegano. Ieri i delegati degli immigrati hanno affidato mandato ad un nuovo legale, dopo che nelle prime ore si erano rivolti all'avvocato Roberto Veroi.

Sarà l'avvocato pordenonese Roberto Russi ad assisterli. Già ieri con un collaboratore ha effettuato un sopralluogo in via Manin, alla ricerca di telecamere che possano avere registrato la scena. Ma nessun occhio elettronico punta su quell'aiuola.

Quelle del grande magazzino Aumai sono dirette verso la Pontebbana, quella dell'officina Dal Bo riprendono solo l'ingresso e non funzionerebbero. L'avvocato Russi nominerà un consulente di parte - ha fornito la sua disponibilità un medico che ha lavorato al Cro di Aviano - per l'esame autoptico.

Verrà richiesta una Tac preventiva, per accertare se vi siano stati traumi al collo o alla testa. Sul corpo di Donald Fombu non c'era nessun segno di violenza, a conferma di quanto spiegato dalla polizia, dell'arresto cardiaco quando è stato bloccato. Il personale del 118 per decine di minuti ha tentato invano di rianimare l'uomo.

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