La febbre a 39.5, poi la ricerca del tampone e il ricovero in ospedale: "È la sfida più dura, vi racconto il mio calvario con il virus"

Anche l’imprenditore nel ramo sicurezza, maestro e appassionato di arti marziali Marco Cavalli sta facendo i conti con il Covid-19. È ricoverato in ospedale. Ha pubblicato un post sul proprio profilo Facebook che vi proponiamo
UDINE. Questa brutta bestia ha colpito anche me e ha voluto colpire duramente. Per tanti anni ho combattuto su diversi tatami, ma posso dire che questo è quello più duro. La mia storia spero possa essere utile a tante altre persone, affinché non commettano errori di sottovalutazione ed agiscano tempestivamente.
Mi sono ammalato ormai 15 giorni fa. Nei primi giorni sembrava il decorso di una normale influenza o bronchite cui ero solito essere soggetto con poca febbre, poi un calvario con temperatura a 39-39.5 nonostante le terapie farmacologiche. Grazie alle pressioni di mia moglie ho cominciato ad interessarmi della cosa contattando il mio medico. La prima cosa che mi sono sentito dire è che senza l’esito di un tampone certificato non era possibile attivare o fare nulla. Pensavo: con febbre così alta come cavolo fa uno ad uscire di casa per andare a farsi fare un tampone? Nella mia testa pensavo che la prassi normale fosse visitare un paziente a casa e poi inviargli a domicilio qualcuno per il tampone e/o eventuali ulteriori esami al fine di somministrare una cura tempestiva e scongiurare il ricovero. Invece ho scoperto a mie spese che non funziona così. Paghiamo tasse su tasse per avere questo risultato.
Per fortuna ho scoperto l’Usca (unità speciale di continuità assistenziale) e grazie ai medici di questo team – splendide persone innamorate del proprio lavoro –, si capito che la situazione stava degenerando, diventando pericolosa. Sono venuti a visitarmi a casa e mi hanno somministrato le prima cure necessarie ed hanno combattuto per me come dei leoni per potermi aiutare. Oggi, che sono ricoverato in ospedale, mi chiedo come mai di questi “supermedici” non si sappia molto, quando invece tutti dovrebbero sapere che c’è un team di specialisti preparati e amorevoli che si prendono cura dei loro pazienti.
Continuo la mia storia: arrivo in pronto soccorso dato che la mia situazione si era aggravata. Era l’inferno sulla terra! Cinque ore seduto al freddo senza ossigeno, senza una coperta, nessuna visita e nessun esame per sovraffollamento finché, in preda ad un attacco di febbre alta, colto da brividi di freddo,solitudine e tanti brutti pensieri, non ho resistito e ho chiesto di farmi venire a prendere per tornare a casa mia. Ero esausto, sfinito, ammalato.
L'indomani mia moglie ha insistito per farmi ritornare in pronto soccorso per le visite necessarie. Tutta un'altra storia: visitato e preso in carico da persone speciali che mi hanno sostenuto, coccolato, confortato e ricoverato dopo l’esito degli esami. Fortunatamente mi hanno sistemato al reparto malattie infettive, padiglione 9 al primo piano. Un reparto dove tutti si prendono cura di te, dagli infermieri ai medici, ai volontari agli inservienti. Tutti verso un unico scopo: farti guarire!
Vedere queste persone che fanno di tutto per salvarti, magari sottopagate e con turni massacranti alle spalle è davvero commovente.
Io sto prendendo forza da loro e dai tanti, tantissimi amici e familiari che mi hanno scritto delle parole stupende e mi aiutano a combattere per sconfiggere questo brutto match al quale non ho chiesto di partecipare. Essere soli e vedere da vicino chi sta peggio di te ti cambia profondamente. Ora vedo con i miei occhi quanti entrano in questo ospedale e comprendo la portata dell’emergenza.
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