La cultura ebraica si impara con le danze

La prima lezione all’Utea del corso che “insegna” i balli ispirati dalla Bibbia Ecco il passo “yemenita” e quello “circassiano”: si intrecciano con la Storia
CORDENONS. Le prime sette iscritte al “Laboratorio di danze bibliche”, avviato ieri alla palestra dell’oratorio della parrocchia di San Pietro, dall’università della terza età e degli adulti di Cordenons in collaborazione con il progetto “Danze d’Oltremare” dell’associazione “Via Montereale” di Pordenone, si sono presentate all’appuntamento con la curiosità di chi vuole semplicemente provare un’esperienza diversa, conoscendo poco o niente di questo filone delle danze popolari ebraiche.


È però bastato muovere i primi passi per scoprire che in quella danza c’è più che un benefico movimento del corpo: vi è racchiusa la storia del popolo ebraico. Il cerchio che fa da base a tutte le coreografie in questa cultura è simbolo del dialogo dell’uomo con Dio, dell’uomo con gli altrui uomini e dell’uomo con se stesso. Ogni lunedì dalle 9.30 alle 10.30 questo gruppo, al momento di sole donne, approfondirà questa storia mano a mano che ne imparerà le danze. A fare da insegnante e cicerone in questo viaggio culturale è Chiara Quarin. Alle sue allieve si è presentata con la sua passione per le danze popolari ebraiche, nata cinque anni fa all’interno del “Gruppo Le Or”, che in lingua ebraica significa “Alla luce”.


Questo gruppo si riunisce tutti i lunedì sera alle 20.30 in oratorio: è stato fondato da padre Lino Gaiani della comunità dei frati minori che ha guidato la parrocchia fino lo scorso anno, è stato il primo e fino a ieri l’unico in provincia a promuovere la cultura delle danze ebraiche, cogliendone la tradizione di danze di lode, di meditazione e di preghiera. A guidarlo oggi è la stessa Chiara Quarin assieme ad un’altra cordenonse, Maria Fiorella Bozzer. Il progetto Utea e “Danze d’oltremare” prende spunto da questa esperienza, ma la porta fuori dal contesto parrocchiale. «Tutti – racconta Quarin –, credenti e non, possono apprezzare questo genere di danza: è nata come preghiera di lode, ma nel tempo si è intrisa di popolarità, subendone gli influssi di tutti i paesi, dall’Europa dell’est al mondo arabo, in cui il popolo ebraico è stato costretto a vivere durante la diaspora. È la danza che l’ha tenuto unito e dalla quale oggi lo Stato di Israele sta ricostruendo la sua identità anche tra i giovani».


Ecco quindi che per le sette partecipanti, come prima lezione, muoversi sul posto secondo il passo “yemenita” del corso è significato anche ripassare la geografia (è un passo anticamente nato nello Yemen) e curiosare tra le tradizioni (nell’antichità quel popolo aveva una mentalità più chiusa, come il movimento di questo passo); il passo “circassiano” si porta dietro invece una mentalità più aperta e il senso della festa. Nella formazione a cerchio il gruppo ha soprattutto cominciato a sciogliersi, appassionandosi al ritmo della musica e alla coreografia della “Festa delle luce”.


«Muoversi in cerchio – fa notare l’insegnante – non è scontato: bisogna mantenere la giusta distanza tra sé e il centro e sé e l’altro e per le danze popolari ebraiche è il simbolo dell’uguaglianza, dove tutti siamo sullo stesso piano, ci diamo la mano e facciamo uscire la bellezza che c’è in noi e nell’altro». Al termine dell’ora di lezione, grazie anche a questo esercizio di armonia del corpo e della mente, asiamo diventate già un po’più amiche», ha fatto notare Querin alle allieve.


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