La Croce di sepoltura di Marchi donata alla sezione degli alpini

A 80 anni dalla morte del tenente degli alpini Antonio Marchi – caduto l’8 marzo 1941, cinque giorni prima di compiere trent’anni – la famiglia ha donato la croce di sepoltura – avvenuta sul monte Golico – alla sezione Ana di Pordenone.
Comandante interinale di compagnia alpina, «guidava il reparto all’attacco. Incurante di ogni pericolo, sotto il fuoco del nemico, riusciva a raggiungere l’obiettivo. Cadeva al grido di “Savoia!” mentre poneva piede su di un centro di fuoco avversario». Così recita la motivazione della medaglia d’argento al valor militare conferitagli il 2 aprile 1943. Il giovane tenente venne sepolto nel cimitero militare, tra tanti caduti, a 1.615 metri, in cima al Golico, in Albania. Negli anni Sessanta la salma venne riportata a Pordenone.
L’elmetto venne ritrovato nella primavera del 2017. La croce della tomba è stata conservata dall’avvocato Pompeo Pitter, cugino del tenente, che l’ha donata alla sezione – che porta il suo nome – nell’80° della morte. Croce che venne riconsegnata ai genitori, con lettere, cartoline e altra corrispondenza. «Quei ricordi sono stati custoditi da mia madre Rosina Marchi Pitter, sorella gemella della mamma di Antonio, giovane di carattere buono e generoso. In questa città ha passato gran parte della sua breve vita: un cittadino alpino degno di ammirazione».
La croce «coinvolge storie e persone. Non è un oggetto da collezione privata ed è doveroso donarla a voi perché la possiate custodire nella vostra sede», ha detto, commosso, l’avvocato Pitter. «La punta della croce ha assorbito la terra del Golico dove Antonio visse gli ultimi momenti. Terra che gli diede gloria e, attraverso voi, sarà tramandata alle future generazioni».
La croce è stata benedetta dal cappellano della Brigata Ariete, don Michele Tiso: «In questa croce vediamo la tragedia della guerra, ma anche lo strumento che ha abbattuto ogni divisione». Dopo gli onori ai caduti, l’intervento del presidente della sezione Ilario Merlin: «Tutti gli ufficiali erano caduti in combattimento e Antonio Marchi non volle sottrarsi. Trovare questo pezzo di storia è un evento miracoloso: se il cugino non fosse andato alla sua tomba non avremo mai potuto riceverla». La promessa: in Albania furono 39 mila i dispersi, «lavoreremo ancora perché rientrino tutti». L’assessore comunale Emanuele Loperfido, alpino: «Se oggi possiamo vivere in libertà lo dobbiamo anche a coloro che sono caduti per la Patria». Per il prefetto Domenico Lione si è trattato della prima visita alla sede Ana: «Onorato di essere tra gli alpini, che ci sono sempre. La vostra forza accanto alla popolazione nasce dalla memoria e dai valori che avete ricevuto; memoria e valori che vanno tramandati». Persone come il tenente Marchi «più che eroi furono uomini veri», ha aggiunto Romano Bottosso, consigliere nazionale Ana presente con tanti alpini, quelli con la divisa storia e Julia Marchi, presidente Famiglie dei dispersi e caduti in Russia. —
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